L’uomo che non sapeva dove morire – Guillermo Saccomanno

Il protagonista di questo breve romanzo è un contabile che si trattiene in ufficio il più a lungo possibile: a casa infatti lo aspetta una moglie manesca, imbruttita nell’aspetto e nel carattere dagli anni e dalle numerose gravidanze; lei gli rinfaccia il classico “Ti ho dato i migliori anni della mia vita”; ci sono anche i figli, entità descritte in modo sfuggevole dall’autore, che non lo rispettano, benché tra questi ve ne sia uno, “il vecchietto”, con cui il padre sente una qualche empatia, dettata non già da una reale complicità ma da caratteristiche simili: zoppia e carattere sottomesso.

Il nostro anti-eroe cova la sua insoddisfazione aspettando l’occasione giusta per cambiare la sua vita, fino a quella sera in cui, poco prima di uscire dall’ufficio, viene incuriosito da un rumore.

La paranoia dell’impiegato sfocia nell’odio per un collega, che occasionalmente annota qualcosa su un quadernetto. Lo starà spiando per poi denunciarlo?

Sulla quarta di copertina si trovano lodi sperticate da varie fonti, tipo “Dopo averlo letto, niente sarà più lo stesso” o simili. Per quanto mi riguarda, lo stile dell’autore non mi ha fatto impazzire.

Pensieri spezzati. Brevi frasi. Le cui subordinate sono racchiuse. Tra punti. Cioè come sto scrivendo adesso. Solamente, immaginate tutto il libro così.

Il protagonista crea un suo doppio mentale, “L’altro”, simbolo della dicotomia tra quello che è e quello che vorrebbe essere. In realtà questa figura non è particolarmente approfondita, come tutti i personaggi secondari. “L’uomo che non sapeva dove morire” sembra scritto un po’ in fretta ed è un peccato perché le prime pagine descrivono molto bene il carattere insicuro e paranoico del nostro impiegato. L’atmosfera della città è comunque resa discretamente, con cenni a poliziotti sadici, attentati terroristici, aggressioni di cani clonati, kickboxers tredicenni e la continua incertezza di mantenere il proprio posto di lavoro nonché la propria incolumità.

Una lettura non particolarmente impegnativa ma neanche spensierata. Da provare.

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Recensione di
Antonio Soncina

Odio i best seller, soprattutto se di sfumature rosa, gialle o grigie. Ai classici preferisco storie contemporanee. Posso sopravvivere senza il rinomato "odore della carta" ma non con il Kindle scarico.

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