lovstori (amori sfigati) – Chiara Rapaccini

Chiara Rapaccini è da sempre uno dei miei miti indiscussi per quanto riguarda l’illustrazione per l’infanzia. Artista poliedrica e celebrata – oltre a essere illustratrice è anche magnifica scrittrice, scultrice, regista, stilista e chi più ne ha più ne metta – al punto tale che la rivista Andersen, caposaldo per la letteratura dell’infanzia, le ha dedicato una retrospettiva alla carriera nell’ultimo numero.

Io, che ho qualche anno sul groppone, la ricordo sin dai tempi della rivista “Peter Pan” – uno splendido progetto editoriale delle edizioni Sonda, chiuso con rammarico ormai anni fa – e dai volumetti della serie delle Viperette e “Povera Barbi”. La Rapaccini parla della vita di tutti i giorni, quella in cui decurie di preadolescenti si trovano invischiati loro malgrado – lei stessa dice di non saper scrivere di invenzioni, ma solo di vita vera – che sa essere piacevole quanto un cespuglio di rovi, molte volte. Imbarazzi, silenzi, peli che spuntano e seni che crescono senza che noi possiamo farci niente: il mondo della sessualità preadolescente è qualcosa che merita rispetto e serietà – e Chiara è una delle poche che riesce a raccontarlo in modo onesto e capace, ma anche divertente e dissacrante.

Lovstori – scritto proprio così, non è un refuso – è quasi una summa dell’arte grafica della Rapaccini. Destinato a un pubblico adulto, originale anche nella forma – non è un libro, bensì un mazzo di carte – si propone di trasferire nero su bianco molte delle situazioni a metà tra il disagio e il desiderio che si presentano ai comuni mortali – cioè a tutti quelli che non hanno un regista, delle cineprese davanti e stylist che si precipitano a rimboccare le lenzuola tra una scena e l’altra – quando si parla e si vive l’amore.

Tenerezza, stupore, imbarazzo, disagi, dubbi, sogni, desideri alti e bassi e domande: in queste 50 carte c’è tutto e molto di più. Si passa dal “lui che vorrebbe baciarla ma teme di essere banale perché lei è un’intellettuale” a una lei che si mette “le calze autoreggenti con l’elastico di gomma che stringe e prude” solo perché sa che a lui piacciono tanto. Non vengono risparmiati nemmeno i lati meno poetici del rapporto a due: il tradimento, il disamore, l’amante stanca che medita di chiedere alla coppia un obolo per il fatto che se si regge ancora in piedi è grazie a lei, una nuova fidanzata che cerca in tutti i modi di ingraziarsi il figlio di lui (mentre la figlia “la odia e pensa che sia molto più brutta della sua mamma vera”) e via dicendo. La Rapaccini non ci risparmia niente e la sua onestà colpisce dritta allo stomaco: le famiglie ricostruite non sono solo luoghi ameni alla Cesaroni dove tutti vanno d’amore e d’accordo, le amanti non sono sempre da condannare, avere dei dubbi è lecito, sentirsi inadeguati un peccato veniale. Siamo noi, sono le nostre sensazioni e i nostri sentimenti: conosciamo bene tutto questo.

Il tratto lieve e particolarissimo del suo disegno ci diverte, rasserena il cuore e apre la mente anche quando è pungente. La storia di base è quella di una persona in parte delusa dai sentimenti ma che continua a credere nell’amore e non si arrende. Si percepisce sopra ogni cosa, fortissima, la sensazione che comunque sia e comunque vada ne varrà – sempre e per sempre – la pena.

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MaddalenaErre
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1 commento
  • Mi aggrappo alla tua ultima frase per il mio commento.
    Nonostante tutto, chi legge, penso proprio non possa rinunciare a credere nell’amore, alla sua speranza!

Recensione di MaddalenaErre