Quando si inizia un percorso da narratore (ma è un discorso che potrebbe valere per molti altri ambiti) scegliere un nume tutelare – una figura a cui guardare come faro, che tenga in acque sicure – è un passaggio obbligato.
“Ma l’essenziale è questo: stà all’erta, vigila e suda, riscrivi anche cinque volte il medesimo racconto, accorcialo, ecc.”
Anton Čechov, lo scrittore che emerge dalla lettura di stralci di corrispondenza e consigli estrapolati qua e là, risulta un vate munifico ed estremamente sincero.
“Per scrivere un racconto ci vogliono cinque o sei giorni e dovete pensarci tutto il tempo, altrimenti non vi foggerete mai uno stile. Prima d’esser messa sulla carta, ogni frase deve restarvi in testa un paio di giorni per rimpolparsi”
Sono molte le perle che ho appuntato su un quadernino a parte, di quelli dove si custodiscono le frasi migliori, le combinazioni di parole che agiscono come un incantesimo sulla nostra coscienza.
Rileggo spesso le frasi appuntate in questo modo e mi ritrovo come d’incanto al momento in cui le ho trascritte, di più, nel momento in cui le ho lette.
“Io ho bisogno che la mia memoria decanti il soggetto, e che in essa, come in filtro, solo quello che è importante e tipico.”
Da un libretto snello e ben curato ricavo la sensazione di avere tra le mani un libello come ne scrivo da anni.
In “Senza trama e senza finale” sedimenta Anton Čechov e le sue riflessioni sulla scrittura, l’impegno, la coerenza e la ricerca di una voce che possa esprimere il reale come appare agli occhi di un artigiano delle parole.
“Basta essere più onesti: buttare se stessi a mare sempre e dovunque, non intrufolarsi nei protagonisti del proprio romanzo, rinnegare se stessi, non fosse per mezz’ora.”
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