Dalla libreria al cinema #6 : Fight Club

La prima regola del fight club è che non si parla mai del fight club. Quindi, se volessi attenermi fedelmente a questi principi, dovrei pubblicare un post vuoto. Ma noi pseudo-scrittori non siamo molto avvezzi alle regole altrui, quindi vi dirò di più.
Vi dirò che mai nessuna opera prima mi ha incantata come questo simulacro di carta e inchiostro che mi rigiro da anni nelle mani.

Veniamo all'analisi del libro: si tratta del primo romanzo di Chuck Palahniuk, brillante e “schizzatissimo” scrittore newyorkese. Scrisse questo romanzo intorno al 1996 per provocare il suo editore che si rifiutò di pubblicargli “Invisible Monsters”. I fatti narrati sono assolutamente frutto della sua folgorante vena creativa, a differenza da quanto ritenuto dai più. I “fight club”, incontri clandestini di pugilato psicoterapeutico/nichilistico, sono nati successivamente in maniera concreta, come risposta al successo del libro. Il romanzo non riscosse molti apprezzamenti, e la cosa non dovrebbe stupire. Perché? Beh, quando si è abituati a generi letterari edulcorati e “politically correct” è sempre un po' scioccante digerire una bomba ad orologeria come lo stile narrativo palahniukiano. Il vero Fight Club è il libro in sé, il perimetro di combattimento è delimitato dal confine delle pagine. I pugni sono le parole. Quelle ghirlande di sillabe che, come grosse catene, ti si stringono intorno agli occhi e ai polsi e ti frustano i neuroni. 

La trama è affascinante, tanto è sovversiva verso il sistema: un “senzanome” qualunque dall'età indefinita tra i trenta e i quarant'anni, legato al suo lavoro “under control”, alla sua bella casa, al suo arredamento ikea, ai suoi aerei di prima classe, ai suoi sonniferi e ai vestiti di marca. Niente è fuori posto. Tutto è già status symbol, ergo approvato. È una maschera che già in tanti hanno indossato. Sono mode già lanciate, non c'è bisogno di fare la fatica da zero. A vivere una vita così controllata, col marchio “doc” ben impresso sopra, si muore. Lentamente, ma si muore.  Alcuni aprono gli occhi in completa coscienza, vendono tutto e vanno a vivere sotto un ponte o in stazione. Altri si cuciono addosso quella maschera protetta per sempre, col filo rosso della finzione, e ripetono a se stessi che quello è il migliore tra i mondi possibili, fino a crederci completamente. Ad libitum. Il nostro “senza nome” qualunque, invece, smette di dormire. La sua coscienza si blocca. Il suo sistema nervoso va in crash. Entra in azione il pilota automatico.

Il pilota automatico in questione si chiama Tyler, vive in una vecchia casa in avanzato stato di decomposizione, fa lavoretti non per avere dei soldi ma per sconvolgere l’assetto  normale delle vite sopravvissute che popolano la crosta terrestre. Crea diversivi per liberare gli animi dal servilismo della normalità approvata dal marchio Cee. Da vita al Fight Club, la risposta gratuita e hand made alle estenuanti sedute psichiatriche. Accarezza e spaccia il vecchio concetto del livido che, rimarginandosi, libera la mente e la solleva dal male di vivere meglio di qualunque valium o droga sintetica.

In questo libro c’è tutto e c’è anche un po’ di quella “sweetest little thing” cuoriciosa che ha nome Amore. L’amore “fight-clubiano”, però, è un amore rivoluzionario. Un amore “malato” agli occhi dei più, ma vero fino in fondo al midollo. L’amore visto senza lenti bifocali. L’amore ad occhio nudo, capace anche di bruciarti la retina per quanto è crudo e spietato e vero e irrisolto. Come la natura stessa del genere umano.

Fin dall’incipit risulta evidente che questo libro sarà  un ciclone. Ed è altresì lampante che l’autore ha tutta l’intenzione di darci un calcio “ove il sole non s’azzarda a battere” per farci arrivare fino all’occhio di quel vortice. Vuole annullare la percezione erronea della realtà per come ci hanno insegnato a vederla… perché, parafrasando, “è solo dopo aver perso tutto che siamo liberi di fare qualsiasi cosa”.

Nel 1999 David Fincher impresse su pellicola “Fight Club”, rivelando al mondo l’immagine dei personaggi e il sapore degli eventi di cui Palahniuk aveva disseminato pagine di cellulosa.
Un film meraviglioso, scalpitante. Un film (dio, se esisti, che tu sia lodato) finalmente all’altezza del progenitore cartaceo!

Colonna sonora ineccepibile, fotografia assolutamente originale. Insomma, gente, è un miracolo! E qual è il successo di questo film? Non ha avuto bisogno di aggiungere nulla. Perché un vero regista, quando si occupa della trasposizione di un film, può concentrarsi al massimo sulla tecnica e sullo stile. Può dirigere gli attori e plasmarli come creta. Ha scelto un cast di attori notevolissimo e (Fight Club docet) ha distrutto la loro immagine patinata per ricostruirli secondo i principi del libro. E (vivaddio) loro hanno dato il meglio di sé. Norton, Pitt, la bellissima Helena Bonham Carter vestono alla perfezione i panni di “no name”, Tyler Durden, Marla Singer. Insomma… che altro dire? Ce ne fossero di binomi libro-film così azzeccati.

E, scusandomi per essermi dilungata, vi ringrazio per l’attenzione e, per chi non l'avesse ancora fatto, consiglio assolutamente sia il libro che il film.

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Recensione di
Evey

Sono Eva, 34 anni, laureata in Lettere e Filosofia e in Storia e Critica dell'Arte. Da 8 anni collaboro come consulente editoriale con tre grossi nomi dell'editoria.
Lettrice, pittrice, bassista, viaggiatrice on the road. Lavoro al mio primo romanzo e seguo corsi di criminologia.
Chiedetemi di Palahniuk e di Massimo Picozzi...

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8 commenti
  • Bellissima recensione :^) Come d'altronde sia il romanzo che il film.

    A me piace pensare a un parallelismo tra FC e "Taxi driver", visto che in entrambe le storie i protagonisti: 
    1. si sentono alienati
    2. hanno un pessimo rapporto con l'altro sesso (ma questa è una costante dei romanzi di Palahniuk, forse dovuto al fatto che censura la sua omosessualità? Chi ha letto "Invisible monsters" o "Survivor" può intuire a cosa mi riferisco)
    3. soffrono di insonnia
    4. si rivolgono alla violenza come risposta al loro sentirsi in contrapposizione alla società
    5. amano una fanciulla in modo più o meno platonico (in TD era Jodie Foster, non mi riferisco alla PR per il candidato alle elezioni politiche)

  • ok….allora quando coronerai il tuo sogno, tienici presenti perchè di certo potranno essere utili un buon cameriere discretamente ignorante e il suo piccolo contributo all'allargamento della biblioteca :D che ne dici?

  • State proponendo un "Fight Book Club" ? Tra l'altro il nome ha una sonorità affascinante :)  Nel caso, io mi prenoto per manomettere le pellicole cinematografiche.

  • Eva questo nome mi piace tantissimo! *____*
    Mi fa venire in mente sai cosa? Una rubrica sul "combattimento di libri" si potrebbero mettere due libri a confronto sullo stesso argomento o sullo stesso autore o… o… insomma mi piace!

  • Delly, sarebbe geniale :) Io ci sto se ci state voi. Da sempre, una delle cose più belle qui alla Libreria, è questo senso di "noi" che dalle pagine si spinge a tutti noi lettori :) Ci state ad essere i Tyler Durden della pagina scritta? :*

Recensione di Evey