Credo che il mio sbaglio sia stato leggere questo libro subito dopo Cent’anni di solitudine. Il mondo visionario, scintillante e contorto aperto da quel capolavoro della letteratura non può reggere il confronto con La mala ora, e questo scarto l’ho sentito subito.
La tranquillità di un paese sudamericano è interrotta dalle cosiddette “pasquinate”, ossia foglietti appesi puntualmente alle porte delle case del villaggio, con l’intento di pubblicare i “segreti” (che in realtà tutti conoscono) delle persone.
Tutti si impegnano per trovare il colpevole, rivolgendosi anche ad un’indovina che però rende più fitto il mistero.
Il tutto sarebbe molto intrigante e appassionante, ma credo che la storia avvincente sia rimasta sul fondo, non sia emersa in modo convincente. A parer mio sembra infatti che questo romanzo sia quasi incompiuto; o meglio, le varie scene sono quasi scollegate, o a volte si confondono l’un l’altra, non facendo capire veramente gli avvenimenti.
In sintesi, dopo essermi approcciata con entusiasmo ad un nuovo libro di Marquez, sono rimasta parzialmente delusa.
Dico parzialmente perché il finale, le ultime battute che concludono il racconto, sono sempre, in ogni racconto di Marquez, ad effetto. Credo che sia questa la grande capacità dello scrittore colombiano, quello di farti venire i brividi anche e nonostante se quanto ha scritto non ti sia piaciuto.
Ecco, mi manca anche questo!
Cent’anni di solitudine mi è rimasto nel cuore :)