Eccomi – Jonathan Safran Foer

Ho finito di leggere questo libro da qualche giorno e lo ammetto, ho ancora mal di testa. Sì, decisamente Jonathan Safran Foer mi provoca un terribile mal di testa e una gran confusione.

L’ autore ci ha messo ben 10 anni per scrivere il suo terzo libro e io non so ancora decidermi se il romanzo mi sia piaciuto o meno. Ci troviamo senza dubbio davanti a delle pagine potenti che raccontano la storia di una famiglia in un momento estremamente delicato della sua esistenza.
E’ una storia difficile da mandare giù liscia, difficile forse proprio perchè descritta in maniera cosi reale che le conversazioni tra Julia e Jacob e i loro tre figli, potrebbero essere le stesse dei nostri vicini di casa se non proprio le nostre.

Conosciamo tutti  i protagonisti in un momento critico delle loro vite: Julia e Jacob si interrogano sul loro matrimonio, sul loro amore e sui reciproci fallimenti personali; quanto è stato sacrificato di uno per la felicità di due? E poi ci sono i figli, tutti maschi che, seppure in età ancora lontana dall’incubo dell’adolescenza, hanno il loro universo di domande, preoccupazioni e visioni del mondo.

Il romanzo è impregnato di cultura ebraica -come tutti i romanzi di Jonathan Safran Foer – e questo può essere uno scoglio per la comprensione oppure un’incredibile fonte di scoperte: è tutto nella voglia o non voglia del lettore.
Io, da ignorante in materia, ho scoperto troppo tardi il glossario finale (colpa della lettura su kindle!) ma nonostante qualche barriera linguistica/culturale, il romanzo si è fatto leggere nella sua totalità – 600 pagine – con una velocità che solo i grandi autori sanno incidere nel ritmo delle loro parole.

Alla storia della famiglia Bloch americana, si intrecciano quelle della famiglia Bloch che vive in Israele e quelle delle generazioni precedenti, il quale passato è così “invalidante’ da guidare con mani invisibili ma opprimenti le decisioni dei figli e di nipoti.

Entrare in media res scombussola il lettore così come i continui sbalzi temporali ai quali l’autore ci costringue continuamente rendendo la lettura schizofrenica con momenti di nausa acuta da mal di parole in tempesta.

Poi però come per magia, mentre nella famiglia Bloch il matrimonio di Julia e Jacob va in malora, i figli si imbizzarriscono e una nuova tragedia colpisce Israele, la lettura si armonizza, il malessere di chi legge svanisce e il sobbalzare dei paragrafi con i continui cambi di narratore smettono di infastidire il lettore e anzi ne impreziosiscono l’esperienza.

Per chi non conosce Jonathan Safran Foer il mio consiglio spassionato è di iniziare dai primi libri per apprezzare la crescita  dell’arte del raccontare nel suo crescendo stilistico.
Per tutti gli altri, sappiate che non potete mancare l’appuntamento con quest’impegnativa opera di narrativa che inscrive ufficialmente Jonathan Safran Foer nell’albo dei grandi autori contemporanei che usano la loro penna come fascio di luce sulla nostra quotidianità che spesso, invece, ci lascia al buio.

 

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Recensione di
Sara D'Ellena

«La mia intenzione è raccontare una storia: in primo luogo perché la storia viene da me e vuol essere raccontata.» Philip Pullman.
Raccontare storie e costruire librerie (immaginarie ovvio!) è la mia passione e la mia unica missione.

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