Partitura d’addio – Pascal Mercier

In copertina il primo piano di una bella ragazza che suona il violino, i capelli in disordine come mossi dal vento e tratti somatici vagamente orientali; nel risvolto una trama che parla di un padre e di una figlia, di amore e musica. Ho avuto la sensazione che il libro meritasse di essere letto, e ho avuto ragione più di quanto io stessa credessi. Si tratta di Partitura d’addio (titolo originale Lea, 2007), il quarto romanzo del filosofo e scrittore svizzero di lingua tedesca Peter Bieri (Berna, 1944), che come narratore ha scelto lo pseudonimo di Pascal Mercier.

Adrian e Martijn, due uomini non più giovani e con le brillanti carriere ormai in declino, si incontrano per caso in un bar in Provenza e decidono di viaggiare insieme fino a Berna, la città in cui entrambi risiedono. Martijn, spinto da un’istintiva simpatia verso il compagno di viaggio, ma soprattutto bisognoso di dare voce al proprio dramma straziante, racconta ad Adrian la storia della propria vita, da quando era rimasto solo, diciotto anni prima, con la figlia Lea ancora bambina. È una storia che Adrian presagisce tragica e che inizialmente non vorrebbe neppure ascoltare, anche perché Martijn ha un modo di parlare che sembra scavare non solo nella propria anima ma anche in quella di Adrian stesso, portando alla luce anche i suoi fantasmi sepolti. Ma nel corso dei quattro giorni di viaggio Adrian si appassiona a quel racconto e si affeziona all’infelice Martijn, come mai avrebbe pensato che potesse accadere tra due uomini che si sono appena conosciuti e che, entrambi, hanno difficoltà ad esprimere emozioni e sentimenti. Così Adrian apprende che la moglie di Martijn è morta prematuramente e che la piccola Lea ha manifestato un talento straordinario per la musica, un talento che però negli anni ha reso figlia e padre profondamente infelici, fino a distruggerli; in conclusione, rimasto solo con l’eredità di questa storia terribile, Adrian decide di metterla per iscritto: ed è infatti sua la voce narrante del romanzo.

Col procedere delle pagine si scopre il dramma di un padre inadeguato, di una figlia fragile e dell’amore problematico che li unisce e li divide allo stesso tempo perché, al di là delle apparenze, i due sono fin troppo simili: egocentrici, insicuri, perfezionisti, autodistruttivi. E quando il resoconto di Martijn si fa più confuso, perché emozioni troppo forti e tragedie troppo grandi non si possono facilmente raccontare, è il narratore Adrian a sostituirsi a lui sempre più spesso, raccontando e insieme cercando di interpretare, di penetrare più a fondo in una storia che in qualche modo ha cambiato la vita anche a lui.

C’è un solo episodio, quello dell’asta di violini a Cremona, che appare un cedimento a un romanzesco perfino un po’ ingenuo; ma per il resto il romanzo è perfetto: descrive i moti più profondi dell’animo, le sue contraddizioni più dirompenti, i suoi bisogni più intimi in un modo che coinvolge al punto che anche per il lettore nulla può essere più lo stesso.

Soprattutto un lettore che sia stato figlio e che sia genitore non può restare indifferente alla storia di Martjin e di Lea e non chiedersi, infine, fino a che punto siamo arbitri delle nostre vite e dove cominci piuttosto il dominio del caso, delle circostanze e di un inconscio cieco e distruttivo. La storia di Martijn e Lea, sicuramente unica ed eccezionale, non è in realtà così distante dalle nostre.

Può un padre che non voleva essere tale accudire la propria figlia da solo, riconoscendo ciò che è davvero bene per lei? Può un padre che non sa esprimere le proprie emozioni, e che ha perso troppo presto l’unica persona che avrebbe potuto insegnarglielo, impedire alla propria figlia di lasciare incancrenire dolore e paura nel profondo di sé? In cosa consiste il confine tra sanità e follia? Può un uomo, da solo, vincere se stesso ed evitare di oltrepassarlo? Può questo stesso uomo evitare che la propria figlia compia lo stesso passo fatale? Il tempo che precede la rovina può dirsi felice? C’era un’alternativa per Lea, o la sua strada era già disegnata nelle circostanze e nel dna? C’era un’alternativa per Martijn? C’è un’alternativa per ognuno di noi, e per i nostri figli?

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Recensione di
D. S.

Sono una lettrice vorace, una cinefila entusiasta e un'insegnante appassionata del suo lavoro; e non so concepire le tre cose disgiunte l'una dall'altra.

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