Auschwitz è di tutti – Marta Ascoli

Circa un anno fa, nel mese di marzo del 2014, è purtroppo venuta a mancare Marta Ascoli, che nel 1998 pubblicò un libriccino autobiografico sulla sua esperienza di deportata nei campi di concentramento nazisti. Nata a Trieste nel 1926, non aveva ancora 18 anni quando, nel marzo del 1944, fu arrestata. Nonostante fosse figlia di padre ebreo ma di madre cattolica, Marta fu portata via insieme ai genitori: rimase prigioniera con loro nella Risiera di San Sabba (l’unico campo di sterminio in territorio italiano), per poi essere trasferita col padre ad Auschwitz e poi, ormai rimasta sola, a Bergen Belsen. Finalmente il 15 aprile 1945 fu liberata dagli Inglesi insieme agli altri compagni di prigionia come lei superstiti. Quel 15 aprile è ricordato da Marta come la data del ritorno alla vita.

In poco più di cento pagine, scritte in una prosa semplice e scarna, ma non per questo priva di emozione, Marta ha voluto rievocare, a molti anni di distanza dagli eventi, la propria esperienza: consapevole che i testimoni diretti stessero diventando sempre meno numerosi e percependo il rischio dell’oblio di un orrore che invece non deve essere dimenticato, ha lasciato la propria testimonianza. E bisogna esserle grati per queste pagine, che certamente devono essere costate molto dolore ma che dopo quelle di Primo Levi e prima di quelle di Shlomo Venezia ci hanno permesso di conoscere la sorte degli ebrei italiani deportati dai Tedeschi.$_1

Marta ricorda tutte le indicibili violenze, tutte le umiliazioni a cui i prigionieri erano sottoposti, a cui nel suo caso si aggiunse anche la terribile beffa: quando la madre di Marta fu liberata, in quanto cattolica, e cominciò a smuovere mari e monti per rintracciare il marito e la figlia, le autorità tedesche, pur di metterla a tacere, le fecero pervenire una lettera in cui si comunicava con rammarico che i suoi congiunti erano rimasti vittime di un attentato al treno che li trasportava. Invece il padre, che la figlia non volle abbandonare finché possibile, fu immediatamente indirizzato alle camere a gas e ai crematori di Auschwitz; mentre Marta, per buona sorte più che per merito, come lei stessa ripete più volte, riuscì a sopravvivere al freddo, agli stenti, alle sevizie, alle selezioni fino alla liberazione.

Marta chiude il suo resoconto con la frase semplice e densa che dà il titolo al libro: «Auschwitz è di tutti». Nessuno deve osare negare che quegli orrori siano avvenuti e nessuno deve osare pensare che quegli orrori non lo riguardino.

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Recensione di
D. S.

Sono una lettrice vorace, una cinefila entusiasta e un'insegnante appassionata del suo lavoro; e non so concepire le tre cose disgiunte l'una dall'altra.

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