La figlia femmina – Anna Giurickovic Dato

Anna Giurickovic Dato ha 27 anni e per il suo primo romanzo ha scelto di raccontare una storia sconcertante e fastidiosa.
Fastidio è proprio la sensazione che ho provato inoltrandomi nella lettura, seguendo lo schema dell’autrice che ha deciso di portare i lettori in un antro così scuro del suo mondo narrativo che mi risulta davvero difficile prendere una posizione in merito.

Terminato il libro ho subito pensato che, per una volta, la copertina scelta (un quadro di Balthus del 1938) è la perfetta rappresentazione del romanzo: il dipinto infatti  – così come la storia raccontata – imbarazza chi l’osserva. Cosa dovrei pensare di un quadro che raffigura una ragazzina seduta in maniera scomposta tanto da lasciar intravedere la biancheria, con gli occhi chiusi e un’espressione che assomiglia ad un broncio? Dovrei ammirare l’abilità dell’artista o scandalizzarmi della giovane età della modella in una posa ambigua?

Lo stesso imbarazzo l’ho provato durante e dopo la lettura della storia di Maria che, in tenera età subisce le attenzioni morbose e malate del padre sotto la completa inconsapevolezza della madre che, profondamente innamorata del marito, non immagina che gli strani comportamenti aggressivi e autolesionisti che la figlia sta manifestando nell’ultimo periodo, possano essere ricondotti ad una violenza riconducibile alle quattro mura della sua cameretta.

Ma non si fa in tempo a provare pietà e compassione per la piccola Maria che la ritroviamo tredicenne durante un pranzo domenicale con sua madre che ha finalmente trovato  il coraggio di presentarle il suo nuovo compagno. Ed ecco arrivare il sentimento di fastidio e di imbarazzo quando scopriamo che Maria fa di tutto per attirare l’attenzione sessuale dell’uomo, usando mezzucci subdoli e finto innocenti, provocando a tal punto il malcapitato che quello, inebetito da tutta quell’attenzione, iniziata a mutare il suo comportamento da amichevole ad adulatore dimenticandosi completamente che Maria è ancora praticamente una bambina.

La storia si sviluppa quindi su due linee temporali distinte ma intervallate tra di loro nel corso dei capitoli: l’oscura e abusata infanzia di una bambina e il surreale pranzo domenicale della stessa bambina ora appena adolescente che fa della seduzione scorretta e acerba un’arma contro la madre e probabilmente contro se stessa.

Capite bene che è quasi impossibile prendere una posizione sulla protagonista anche perché l’autrice non ci aiuta nel compito, descrivendo Maria con un atteggiamento così sfrontato e così implacabile nel suo intento, che l’unica persona per la quale riusciamo davvero a provare empatia è solo Silvia, la madre impotente.

La figlia femmina è un libro che solleva tanti interrogativi e sensazioni poco piacevoli: ma non è forse questo il compito della letteratura? Non deve forse mostrarci tutte le venature dell’esistenza dalla più cristallina e felice alla più oscura e terribile?

Il romanzo sarà presentato a Libri come sabato 18 alle ore 16: l’occasione perfetta per scoprirne di più sul romanzo e sulla giovane autrice.

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Recensione di
Sara D'Ellena

«La mia intenzione è raccontare una storia: in primo luogo perché la storia viene da me e vuol essere raccontata.» Philip Pullman.
Raccontare storie e costruire librerie (immaginarie ovvio!) è la mia passione e la mia unica missione.

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