Busti d’autore #1 – James Ellroy

Credo che questo sia il primo post per “Busti d’autore”, ovvero la rubrica pensata da Delly e il sottoscritto per proporre, di volta in volta, la monografia su un particolare autore (o autrice).

Non riporterò le informazioni copiate da wikipedia riguardo luogo e data di nascita, l’infanzia, ecc. Vorrei invece descrivere le mie impressioni, ricavate dalla lettura delle opere dello scrittore. Oggi oso cimentarmi con lo straordinario James Ellroy, basandomi sui seguenti romanzi:

  • American Tabloid
  • Il grande nulla
  • Sei pezzi da mille
  • White Jazz
  • L.A. Confidential

Ora, avete presente quella materia scolastica, “Educazione civica”? I concetti di legge, ordine pubblico, istituzione, ecc.? Bene, scordateveli. I mondi descritti da Ellroy sono quanto di più marcio possiate immaginare. Poliziotti o politici corrotti e collusi con la mafia sono all’ordine del giorno.

A questo possiamo aggiungere una lista di concetti non proprio “politicaly correct“: razzismo, omofobia, droga, stupri, incesti, omicidi. Il tutto con una bella colonna sonora a base di jazz disperato, psichedelico, folle.

Troviamo personaggi ricorrenti, come il capo dell’FBI Edgar J. Hoover, più interessato alla conservazione del potere personale che non a ripulire le città dai malviventi.

Per J. E. non esistono eroi “puri” al 100%: anche il più intrepido dei poliziotti ha sulla coscienza un crimine, come un omicidio colposo sotto l’effetto di stupefacenti.

Ellroy riesce a intrecciare narrazione e cronaca, fiction e storia americana, senza soluzione di continuità. Così in “American tabloid” troviamo l’assalto alla Baia dei Porci, l’assassinio di Kennedy, i rapporti tra il padre di quest’ultimo e la mafia, la CIA dedita al traffico di ero; mafia, sindacati e agenzie di taxi, intrecci tra storie sotterranee e celebri scandali.

Tra la corruzione dilagante, qualcuno scava, esaminando libri contabili e foto, estorcendo confessioni, ricattando, minacciando, ferendo e uccidendo; per rivalsa professionale, per rifarsi delle umiliazioni, per una donna – raramente però per senso della giustizia.

Patti stretti per vendette o tornaconti personali. Agenti della CIA che si fanno di speed per poter stare svegli più a lungo. Scannatoi con microfoni per registrare i tradimenti coniugali di JFK. Ragazzi di colore dati in pasto all’opinione pubblica per coprire personalità. Giornali scandalistici che attaccano le più alte cariche dello Stato. Bulli e pupe. Pistole e tirapugni. Sangue e perversioni. Segreti e esecuzioni. Nessuno viene risparmiato.

Magistrali sono gli intrecci complessi, così come la rappresentazione dei personaggi più disperati: quelli che si convertono al male, perché non hanno più niente da perdere. A proposito dei protagonisti, durante la narrazione l’autore passa spesso da uno all’altro senza una chiara indicazione, per cui si può restare nel dubbio per qualche rigo: a chi si riferisce adesso?

Sono state realizzate pellicole da lavori dello scrittore, dalla più patinata “L.A. Confidential”, a “Black Dahlia” – più pulp e forse proprio per questo più vicina allo spirito di J. E..

Se credevate che l’America fosse la terra di “Happy Days”, con Ellroy troverete il rovescio del “sogno americano”, nella sua forma più crudele e spietata. Più vero del vero.

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Recensione di
Antonio Soncina

Odio i best seller, soprattutto se di sfumature rosa, gialle o grigie. Ai classici preferisco storie contemporanee. Posso sopravvivere senza il rinomato "odore della carta" ma non con il Kindle scarico.

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