C’è una ragazza scomparsa nel quartiere palermitano di Partanna: Agostina Giordano. E c’è un investigatore incaricato della ricerca. Ma non si tratta di un poliziotto, di un carabiniere, di un sostituto procuratore o di un investigatore privato, e nemmeno di un avvocato, un medico legale, un professore, o altre figure a latere. Qui incaricato è Giovanni Di Dio, detto Giovà, cinquant’anni circa, guardia giurata, sovrappeso, poco furbo, anzi diciamolo poco intelligente, anche se poi lui lo sa di essere uno che capisce poco; quindi forse tanto stupido non è, anche se poi, tutti, compresa la sua famiglia, sono convinti sia così…
Altra particolarità è che a conferire l’incarico di questa singolare indagine è proprio il boss di Partanna, detto lo Zzu. Ma perché mai avrà scelto proprio uno come Giovà? Perché scopra qualcosa? O proprio perché al contrario non scopra ciò che c’è da nascondere?
Ma Giovà non è solo, c’è la famiglia ad aiutarlo e a sostenerlo, le donne della sua famiglia, in primis la signora Antonietta, dalla quale è completamente dipendente (la voce narrante ci dice che la signora Antonietta non è una madre di quelle possessive e gelose, anzi cerca di accasare il figlio, ma volendo fare della psicologia spicciola, in questa madre ‘ingombrante’ si potrebbe leggere, e nemmeno tanto in filigrana, l’origine dei problemi di Giovà); poi c’è la sorella gemella Mariella, gemella ‘diversa’ tanto bella e tanto sveglia; la zia Mariola, e la vicina di casa Mariangela. Un comitato femminile che si presta all’indagine, senza avere i mezzi delle forze dell’ordine ma dotato dell’intuito e della furbizia per filtrare le voci, il pettegolezzo. E dire che su raccomandazione dello Zzu l’indagine doveva rimanere riservatissima, un segreto fra Giovà e lo Zzu stesso. Ma Giovà è troppo debole e non ce la può fare da solo.
Ci sono tutti gli ingredienti per creare una miscela esplosiva, divertente, ma anche pericolosa, per Giovà naturalmente; e noi lettori non possiamo che parteggiare per lui, questo personaggio con il quale non si può non simpatizzare, forse potremmo anche identificarci, perché no? A chi non è capitato di ritrovarsi invischiato in una faccenda suo malgrado? In fondo Giovà, nonostante la sua onnipresente famiglia, è un solitario e alla fine anche solo. E poi chi siamo noi per ritenerci più intelligenti o più coraggiosi di lui? E noi come ci saremmo comportati al suo posto?
Ci induce a porci delle domande Roberto Alajmo, una penna elegante, che già avevo apprezzato in “Carne mia” dove mi aveva emozionata in modo diverso e nel profondo. Qui c’è molta ironia (che a tratti diventa anche malinconia), divertimento, teatralità (nel cuore del libro c’è proprio una piccola parte scritta come una partitura teatrale), descrizioni del quartiere e non solo dei luoghi, delle abitudini, ma anche di quel qualcosa di impalpabile che solo la Sicilia possiede e che la rende così speciale.