Io non ci volevo venire – Roberto Alajmo

C’è una ragazza scomparsa nel quartiere palermitano di Partanna: Agostina Giordano. E c’è un investigatore incaricato della ricerca. Ma non si tratta di un poliziotto, di un carabiniere, di un sostituto procuratore o di un investigatore privato, e nemmeno di un avvocato, un medico legale, un professore, o altre figure a latere. Qui incaricato è Giovanni Di Dio, detto Giovà, cinquant’anni circa, guardia giurata, sovrappeso, poco furbo, anzi diciamolo poco intelligente, anche se poi lui lo sa di essere uno che capisce poco; quindi forse tanto stupido non è, anche se poi, tutti, compresa la sua famiglia, sono convinti sia così…

Altra particolarità è che a conferire l’incarico di questa singolare indagine è proprio il boss di Partanna, detto lo Zzu. Ma perché mai avrà scelto proprio uno come Giovà? Perché scopra qualcosa? O proprio perché al contrario non scopra ciò che c’è da nascondere?

Ma Giovà non è solo, c’è la famiglia ad aiutarlo e a sostenerlo, le donne della sua famiglia, in primis la signora Antonietta, dalla quale è completamente dipendente (la voce narrante ci dice che la signora Antonietta non è una madre di quelle possessive e gelose, anzi cerca di accasare il figlio, ma volendo fare della psicologia spicciola, in questa madre ‘ingombrante’ si potrebbe leggere, e nemmeno tanto in filigrana, l’origine dei problemi di Giovà); poi c’è la sorella gemella Mariella, gemella ‘diversa’ tanto bella e tanto sveglia; la zia Mariola, e la vicina di casa Mariangela. Un comitato femminile che si presta all’indagine, senza avere i mezzi delle forze dell’ordine ma dotato dell’intuito e della furbizia per filtrare le voci, il pettegolezzo. E dire che su raccomandazione dello Zzu l’indagine doveva rimanere riservatissima, un segreto fra Giovà e lo Zzu stesso. Ma Giovà è troppo debole e non ce la può fare da solo.

Ci sono tutti gli ingredienti per creare una miscela esplosiva, divertente, ma anche pericolosa, per Giovà naturalmente; e noi lettori non possiamo che parteggiare per lui, questo personaggio con il quale non si può non simpatizzare, forse potremmo anche identificarci, perché no? A chi non è capitato di ritrovarsi invischiato in una faccenda suo malgrado? In fondo Giovà, nonostante la sua onnipresente famiglia, è un solitario e alla fine anche solo. E poi chi siamo noi per ritenerci più intelligenti o più coraggiosi di lui? E noi come ci saremmo comportati al suo posto?

Ci induce a porci delle domande Roberto Alajmo, una penna elegante, che già avevo apprezzato in “Carne mia” dove mi aveva emozionata in modo diverso e nel profondo. Qui c’è molta ironia (che a tratti diventa anche malinconia), divertimento, teatralità (nel cuore del libro c’è proprio una piccola parte scritta come una partitura teatrale), descrizioni del quartiere e non solo dei luoghi, delle abitudini, ma anche di quel qualcosa di impalpabile che solo la Sicilia possiede e che la rende così speciale.

Condividi
Recensione di
Miriam Caputo

Sono una divoratrice di libri, che ama la scrittura. Mi piace raccontare le storie che ho letto, ma anche inventarne di nuove e creare personaggi. Mi rispecchio in questa frase:
"Io voglio essere la trapezista, che fa il triplo salto mortale con il sorriso, la leggerezza, e non fa vedere la fatica dell'allenamento, perché altrimenti rovinerebbe il tuo godimento di lettore. Io voglio essere la trapezista e nulla voglio trasmettere della fatica del mio scrivere"
(Andrea Camilleri).

Vedi tutte le recensioni
Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Recensione di Miriam Caputo