Nome di battaglia – José de Almada Negreiros

Ho messo piede in libreria per la prima volta dopo troppo tempo e mi sono fermata. Sui primi scaffali davanti a me brillava una schiera di libri di ogni genere, tutti sfavillanti di nomi femminili o riferiti a donne. Tutti. Non mi sono fermata a leggere le trame, ma vedere quella folla di nomi sulle copertine mi ha ricordato quello che forse è il mio ritratto letterario preferito. E’ un ritratto di poche pagine, nascosto in un romanzo di quasi cent’anni fa, dove i nomi hanno un ruolo fondamentale.

Sono gli anni Venti quando l’artista e scrittore portoghese Almada Negreiros decide di raccontarsi al suo pubblico, ma è solo nel 1938 che il romanzo con cui ha scelto di farlo viene pubblicato per intero. La Lisbona di cui narra già non è più la stessa, eppure, come nota il curatore portoghese João Gaspar Simões, questo non scalfisce l’originalità dell’opera. La città è infatti lo sfondo di sessantaquattro brevi capitoli figurativi o quadri letterari, che ritraggono a parole un’umanità non meno complessa e frammentata di quella che anima i dipinti cubisti. Il più riuscito di questi quadri scritti è, neanche a dirlo, il ritratto di una prostituta. Ma procediamo con ordine.

Incontriamo il giovane protagonista Antunes in un locale di Lisbona, poco dopo la sua partenza dalla campagna dove è cresciuto. Non è facile, per lui, districarsi fra l’educazione ricevuta in famiglia, le macchinazioni benintenzionate di parenti malavvisati, e le stelle che lo hanno “pescato” e che guidano la sua vita. Tant’è che nascerà ben tre volte, alla luce di altrettanti nomi (non necessariamente suoi), prima di riconoscersi finalmente libero di seguire le proprie stelle.

All’inizio di questo ciclo esistenziale di rinascite, c’è una Judite che non si chiama Judite, ma della quale conosciamo solo questo nome, quello di battaglia, usato nell’intimità con i clienti. Guerriera e sopravvissuta, vivace vincitrice perennemente sconfitta, anche lei meriterebbe un posto in prima fila sugli scaffali di questa stagione al femminile.

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Recensione di
G. T.

Sono nata a cresciuta a Roma, ho studiato lingue in giro per il mondo e amo tradurre dall'inglese e dal portoghese. Sulla mia isola deserta, ci sono Virginia Woolf, un vecchio faggio e un barattolo di cannella.

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