"E’ un male che nessuno è in grado di curare, questo. Non hai voglia di mangiare né di bere, solo di piangere. E che lacrime amare! Cosa vuoi da lei? Nulla. Non vuoi baciarle le labbra perché temi di morirne. E quando il tuo pensiero corre a lei hai l’impressione che la morte sia vicina. Ma è dalla morte, ragazzo mio, dalla morte che viene la vita. Però tu questo ancora non lo capisci… Profumo di violette! E’ lei! Si, è lei! Sempre e dappertutto solo lei!”
Danza di Morte (anche conosciuto come Danza macabra) è un dramma in due atti scritto di getto in una settimana. Pochi conoscono August Strindberg, a meno che non siano profondi amanti o conoscitori del teatro. Io ci sono arrivata per vie traverse: per mezzo del cinema di Ingmar Bergman e della biografia di Edvard Munch (intimo amico dello scrittore e drammaturgo).
L’essenza del testo è la quotidianità, un po’ logora e banale di una coppia. È la storia di un ménage familiare conflittuale e drammaticamente moderno. Due coniugi di mezza età si torturano da venticinque anni nello spazio claustrofobico di una casa borghese. Lui è un proletario che è riuscito a diventare capitano ma non maggiore, e quindi è frustrato. Lei, Alice, è una ex attrice che ha sacrificato alle aspettative, disattese, di una scalata sociale, una possibile, forse improbabile carriera artistica, e quindi è frustrata. Le due frustrazioni si scontrano moltiplicandosi, rivelandosi a tratti a tinte forti. Ma l’inferno coniugale esplode con l’arrivo di un terzo elemento: Kurt. La vicenda del Capitano , Alice e Kurt (lui, lei e l’altro) è però solo un canovaccio su cui intessere temi più grandi e profondi, forse mai recepiti nella drammaturgia di Strindberg. Temi quali il Perdono e la Rassegnazione.
E’ un'analisi lucida e spietata della vita di coppia, dello scontro titanico tra i sessi. I protagonisti sono bloccati insieme, senz'altro destino possibile che l'odio e la rivalsa reciproci. Senza un attimo di tregua i due si rinfacciano le loro colpe. I personaggi sono inquieti e tanto tormentati da sfiorare una vera e propria lotta omicida. Cercano in tutti i modi di stare il più lontano possibile l’uno dall’altra, ma non sanno che non appena lontani inizierà la strazio della mancanza, che è una delle più terribili sofferenze che la vita possa offrire.
Mi sono persa e ripersa tra quelle poche pagine e dalle varie letture affrontate in diversi momenti sono affiorate alla superficie della mia coscienza considerazioni su quello che è l’amore, su quali trasformazioni attraversa…sul motivo che genera queste metamorfosi nella natura di un sentimento così radicato, imponente e profondo. L’inferno descritto da Strindberg non emerge dal contrasto di creature terribili e perverse, ma dalla convivenza di persone comuni, ordinarie, quasi banali, che si sono amate e che assistono ad una metamorfosi dell’altro e di loro stessi, e che danzano intorno alla vita e alla morte.
Solo….WOW!
Di Strindberg ho letto "Il padre", altro pezzo teatrale scritto con uno stile impervio e avvolgente. Geniale.
Ha tutti i presupposti per essere una lettura impegnativa. Mi piace.
Strindberg l'ho studiato parecchi all'università…e mi è piaciuto un sacco!