Corpo libero – Ilaria Bernardini

"Poi Nadia si è messa a parlare dei disastri di quando si cade e ci si spaccano le vertebre e di quella cinese che era morta e la francese che invece era paralizzata e la svedese che era ricoverata in ospedale per l’anoressia. Eravamo abituate a sentirle fare elenchi, ripetere le disgrazie e aggiornare la classifica paralitici. Ne parlava sempre perché era convinta che fosse statisticamente impossibile rimanere paralizzati subito dopo aver discusso ad alta voce dell’eventualità di rimanere paralizzati."
 
Corpo libero è un romanzo piuttosto breve – nemmeno 200 pagine – appena uscito in libreria, che non mi sono lasciata sfuggire poiché da anni nutro una malcelata attrazione nei confronti di tutto ciò che riguarda la ginnastica artistica, dalle serie televisive americane, ai campionati per finire con – per l’appunto – i romanzi, difficili da scovare nella nostra letteratura. 

Non so spiegare perché questa disciplina mi affascini così, tanto più che non l’ho mai praticata: credo che in parte sia dovuto agli atti quasi da supereroi che queste ragazzine  minuscole compiono ogni giorno, sfidando la gravità, la logica, la sicurezza, tutto insomma. Poi, trovo mio malgrado morbosamente affascinante questo continuo plasmare e modellare il corpo a proprio piacimento, andando contro al buonsenso, alla salute e alla natura (come viene spiegato nel libro, non avere mai il ciclo mestruale o la crescita del seno viene visto dagli allenatori come un merito e un impegno positivo) sottilmente accettato e fomentato anche dai saggi adulti, solo per raggiungere un obiettivo altissimo che, nel migliore dei casi, potrà durare per un paio di stagioni. Sì, perché le ginnaste a diciotto anni sono già vecchie, in età da pensione.
 
Tutto quello che ho scritto sopra, e molto di più, viene raccontato nel romanzo, dove troviamo anche una protagonista principale – Martina – ben delineata, e due antagoniste, Carla e Nadia, piuttosto interessanti. Inoltre, la storia che c’è alla base lentamente evolve in una fiaba nera moderna, con tutti gli elementi del caso: i boschi innevati, il freddo, la bambina rivale scomparsa, i lupi – sempre in pole position come simbolo dei cattivi dai tempi di Cappuccetto Rosso! – gli adulti indifferenti, concentrati solo su se stessi e i loro problemi.
 
Un romanzo che si legge in tre ore, scritto con lo stile moderno che io chiamo “da copywriter” – non per niente questo è il primo lavoro della Bernardini – ovvero fluido, senza punteggiatura, con una sintassi stravolta: il tipico flusso di pensieri e di emozioni che ora va per la maggiore su quasi tutti i blog e nei romanzi degli scrittori della cosiddetta “nuova generazione”. Dopo un po’, almeno a me, dà ai nervi, ma se si riesce a superare il moto involontario di fastidio, è un libro che vale la pena leggere. 

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Recensione di
MaddalenaErre
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4 commenti
  • " … scritto con lo stile moderno che io chiamo “da copywriter” […] ovvero fluido, senza punteggiatura, con una sintassi stravolta: il tipico flusso di pensieri e di emozioni che ora va per la maggiore su quasi tutti i blog e nei romanzi degli scrittori della cosiddetta “nuova generazione”."

    L'ho notato anch'io. Mi chiedo da dove nasca questa moda. Scusate l'ignoranza.

    Per quanto, più che pensare alla "fluidità", certe volte mi pare di dover "rincorrere" lo scritto.

    Trovo che la punteggiatura aiuti il lettore a "tirare il fiato", in quanto fornisce una chiara indicazione di pausa. Analogamente ritengo utili le virgole prima delle congiunzioni (", e"), dichiarate scorrette da molti. Magari esagero, però io scrivacchio così.

    Inoltre sono fanatico degli elenchi (anche a più livelli, con indentazione) e della revisione per evitare ripetizioni di vocaboli e ridondanze. Naturalmente fallendo.

    Tutto questo, a prescindere dalla validità del contenuto.

    Bye.

  • Stessa cosa Maddalena. Ho sempre provato ammirazione per quelli che riescono ad essere costanti nella "plasmazione". A confronto io sono un girino! :P

  • SpeakerMuto: io credo, e userò una frase banalotta, che sia una tendenza figlia dei nostri tempi. Mi viene in mente la "liquidità" di Bauman, in questo caso applicata anche al linguaggio, che rende anche lo scritto un semplice flusso di pensieri, stream of consciousness, senza capo né coda, sull'onda dell'emozione. Volendo, ma sento che la sto sparando grossa, ci si può ricollegare un po' alla corrente espressionista, mirabilmente espressa in quello che è uno dei miei libri preferiti, "Berlin Alexanderplatz" – Doblin scriveva un po' così. Certo la Bernardini con Doblin non c'entra nulla, ma è forse da lì che è partito questo modo di scrivere moderno, ai tempi considerato "osceno".  Detto questo, la "e" prima della virgola la metto sempre e da sempre anche io, per me ci vuole e nessuno – anche in contesti professionali – mi ha mai fatto notare il contrario…la "e" da sola per me non fa pausa, ma è solo – appunto – congiunzione senza fiato, quindi la virgola ci va.

    Alle fanciulle: non è di certo il libro rivelazione del secolo, ma io me lo sono goduto da cima a fondo – mi è piaciuto, molto di più dei precedenti lavori dell'autrice suddetta :) quindi consiglio!

Recensione di MaddalenaErre