Oggi la Libreria Immaginaria si improvvisa recensore di un evento, invece che delle pagine di un libro.
Tutti i nostri lettori avranno capito che quest’anno siamo andati alla Salone del Libro di Torino – a scaglioni, ma siamo andati! La recensione quindi, non può che essere sul contenuto del Lingotto.
Le prime impressioni? Un posto enorme, sorprendentemente pieno di gente – per la serie “c’è ancora speranza nel mondo”- e soprattutto, pieno di libri.
Piene di aspettative, entriamo emozionatissime, pronte a perderci tra i corridoi, gli autori, gli scaffali e le case editrici indipendenti, ma ciò che troviamo dentro è un tantino diverso da quello che immaginavamo.
Il padiglione occupato dalle piccole case editrici è vivibile: i corridoi sono sì pieni di gente, ma non c’è bisogno di fare a cazzotti per passare, sbirciare sui banchi, o scambiare una parola con gli autori/editori lì presenti. Il padiglione ideale: passeggi, osservi, se ti attira qualcosa, ti soffermi, approfondisci e nel caso acquisti, molto liberamente.
Tutt’altra storia gli altri due spazi, in cui hanno allestito le postazioni delle grandi case editrici.
I corridoi erano stipati di gente. Chi era seduto affranto e distrutto, con una sfilza di bagagli pieni di libri, chi camminava freneticamente, girando la testa all’impazzata a destra e sinistra per non perdersi nemmeno un dettaglio, chi faceva la fila alle casse di Newton Compton, Feltrinelli, Mondadori, Einaudi, …
Ora: è logico essere attratti dalle case editrici che si sentono nominare tutti i giorni, anche noi siamo cadute in trappola, ma è logico anche presumere che tali case editrici si differenzino in qualche modo dalla comune libreria che siamo abituati a visitare sotto casa. Che so, sconto fiera? Libri in anteprima? Nuove edizioni economiche? E invece non abbiamo trovato niente di tutto ciò. A parte i gadget di rito –ovvero le buste “eco glamour” in stoffa, che ci piacciono tanto e che ovviamente, hanno adescato anche noi, non c’è differenza tra un punto Sperling&Kupfer alla fiera di Torino e una libreria di Roma.
Per quanto riguarda le conferenze, per cause di forza maggiore –i treni ritardano sempre, anche Italo- ho saltato tutte quelle a cui volevo assistere, per cui non posso giudicare.
Per concludere: chi è di Torino e compagnia bella, sicuramente a farci un salto non fa male. È comunque un posto pieno di libri, gente, possibilità di incontri fuori dall’ordinario. Ma per chi, come noi, si è fatto oltre 600 km di treno, non vale poi molto la pena. A meno che non cogliete l’occasione, e come noi, diventate turisti per caso per la città, che invece merita davvero!
Il bello della Fiera è che si possono trovare piccoli editori e piccole perle. E che si può assistere a una marea di conferenze/incontri con gli autori/tavole rotonde. E che si può parlare liberamente con gli addetti ai lavori.
Passare dagli stand dei grandi editori, a meno che non siano presenti autori o personalità di spicco o non siano in programma anteprime, non è cosa buona e giusta. E infatti, ogni volta, non mi spiego come le zone Mondadori/Feltrinelli e compagnia cantante vengano letteralmente prese d’assalto quando, la differenza con una normale libreria, è praticamente inesistente. E non ci sono nemmeno offerte particolari.
Consiglio spassionato per la prossima volta: scegliere le conferenze che più interessano (magari anche tra quelle meno gettonate e con autori più giovani), pregare che Italo e Trenitalia non facciano scherzi e puntare sui piccoli editori (e, se interessa, sull’editoria digitale). E cercare di fare quanti più incontri si riesce con chi lavora nell’editoria, ad ogni livello. La Fiera è, più che altro, un luogo d’incontro tra appassionati e addetti ai lavori ;)
Immagino che le recensioni siano state scritte da persone alla prima visita (e per un solo giorno): l’esperienza aiuterà ad apprezzare l’evento. Posso dire che per me è diventato un appuntamento fisso (questo è stato il quinto anno consecutivo e per tre giorni). A chi mi chiede come organizzare la visita, rispondo chiedendo se sono dei lettori curiosi o standard. Nel senso che se uno vuole conoscere, allora lo indirizzo direttamente verso la zona delle piccole case editrici, e la sezione incubatore, dal momento che è perfettamente inutile andare negli stand delle grandi: tanto vale recarsi in una qualsiasi libreria. Consiglio anche gli stand delle nazioni estere. Quest’anno il Paese ospite è stato il Cile, ma è bellissimo ed interessante vedere i testi scritti con i caratteri arabi(c’era uno stand degli emirati) e con le pagine che si sfogliano al contrario. Per non parlare dei libri per ragazzi e bambini che hanno illustrazioni bellissime. Per quanto riguarda gli eventi, memore delle passate edizioni, dove ho trascorso molto tempo a fare le file perdendo l’occasione di ascoltare personaggi, magari di minor richiamo mediatico ma altrettanto interessanti o unici, ho seguito i miei interessi e mi sono fidato più dell’argomento discusso che del personaggio che lo avrebbe trattato. Concita de Gregorio facilmente la posso ascoltare anche fuori dal salone, Timur Vermes che presenta e firma il proprio libro, ritengo sia più improbabile ritrovarlo in Italia. Comunque non si può seguire tutto, qualcosa si perde senz’altro. L’importante è tornare soddisfatti e magari riuscire a visitare qualcuno degli innumerevoli musei presenti a Torino. P.S.: inutile dire che l’ideale sarebbe fermarsi almeno due giorni, prenotando magari con largo anticipo per sperare di trovare una sistemazione ad un prezzo umano.
Ciao e complimenti per il blog.
Ottimi consigli e belle dritte: verranno sicuramente sfruttati per le prossime volte ;)
E grazie per i complimenti a nome di tutta La Libreria Immaginaria ;)
Torino è comunque una città strepitosa, se poi ci metti una “festa del libro” e richiami tanti autori di successo, ben spesi saranno i soldi per il treno.
L’unica cosa brutta è dover essere di ritorno con un orario vincolato. Meglio spendere qualche giorno in più e non perdersi nemmeno mezza conferenza.
p.s. al posto vostro non sarei uscito vivo dal Salone del Libro. Avrei preso la residenza lì.