Tutto quello che è un uomo – David Szalay

Nove racconti, nove uomini, nove diverse età della vita in ordine dall’adolescenza alla vecchiaia. Molteplici temi ricorrenti: l’alcol, il rapporto con le donne, il viaggio (nel tempo e nello spazio), la solitudine e l’ incapacità di relazionarsi con gli altri e di capire gli altri.

I protagonisti non sono degli eroi, ma gente comune. Come noi. Tutti quanti sono, per motivi diversi, coinvolti in un viaggio attraverso l’Europa. E l’autore descrive magistralmente la nostra Europa. È un libro crudo ma che, secondo me, non si può fare a meno di leggere per capire meglio il nostro tempo; anche se l’uomo, come pure la donna (forse l’autore per Tutto quello che è un “uomo” ha inteso “umanità”) non ne escono bene. Anzi è reso tutto lo squallore, l’egoismo di fondo del tempo che viviamo, così come la povertà, anche materiale, il lasciarsi vivere dei giovani (specialmente nel secondo racconto), l’ansia del tempo che passa e la transitorietà come unico punto fermo (specialmente nell’ultimo).  

Un linguaggio tagliente, innovativo a tratti, ben informato dei particolari sulle professioni dei protagonisti. Una struttura precisa, crescente e circolare, con particolari che ritornano. Ancora una volta la forma del racconto si rivela la migliore (contrariamente all’opinione comune) per rivelare le inquietudini, per scavare nella psicologia dei personaggi e nei mali della società.

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Recensione di
Miriam Caputo

Sono una divoratrice di libri, che ama la scrittura. Mi piace raccontare le storie che ho letto, ma anche inventarne di nuove e creare personaggi. Mi rispecchio in questa frase:
"Io voglio essere la trapezista, che fa il triplo salto mortale con il sorriso, la leggerezza, e non fa vedere la fatica dell'allenamento, perché altrimenti rovinerebbe il tuo godimento di lettore. Io voglio essere la trapezista e nulla voglio trasmettere della fatica del mio scrivere"
(Andrea Camilleri).

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