Lolita – V. Nabokov

Anche se quei suoi occhi si fossero sbiaditi come quelli di un pesce miope, e i suoi capezzoli si fossero gonfiati e screpolati, e il suo adorabile, giovane delta vellutato e soave si fosse corrotto e lacerato… anche così sarei impazzito di tenerezza alla sola vista del tuo caro viso esangue, al solo suono della tua giovane voce rauca, Lolita mia.

Perché si legge Lolita? Per capire cosa sia la pedofilia? Per capire come si giustifica la pedofilia*? Per capire come si scrive un libro perverso? O per leggere un libro perverso, dans tous cas? Per tutte, forse, e per nessuna di queste ragioni.
Personalmente, credo che la penultima, e anche l'ultima delle motivazioni esposte mi abbiano spinto a leggerlo. E – non sapendo nulla dell'opera (mi accorgo di accostarmi in maniera assolutamente sprovveduta, del tutto naive, ai classici della letteratura)** – mi aspettavo che vi avrei letto una sorta di giustificazione dell'amore fra un adulto e una ragazzina. Degli amori clandestini di un uomo e di un'adolescente, che seduce prepotentemente l'adulto con la sua infantile malizia, con i codini e i calzoncini corti, o le gonne a sbuffo accorciate dalla falsa innocenza.

In realtà, il libro vi darà proprio conferma di queste impressioni, almeno per le prime pagine.
All'inizio vi sembrerà morbosamente divertente. Poi morboso e basta. Poi morbosamente noioso. E infine (e qui sta l'arte): vi si spalancheranno gli occhi sulla triste verità dell'amore, dell'amore malato, della passione fatta perversione, e del dolore della solitudine cocente del malvagio, del perverso, del peccatore irrecuperabile a cui si concede, come ad ogni uomo, di provare, anche nell'abiezione più profonda, degli umani sentimenti.

Nabokov vi trascinerà con maestria nella perversa, contorta, ossessiva psiche di Humbert Humbert, che racconta in flash back la sua caduta nell'abisso infernale, in quell'abisso in cui amore ed abominio si uniscono e si fanno indissolubili. E la finzione è talmente forte, ben riuscita, che vi annoierete anche, e per molte pagine, della malata, malvagia sicurezza con cui H.H. conduce il suo amore proibito attraverso lo squallido anonimato dei motel e delle borghesi cittadine americane, di sotterfugio in sotterfugio.
E' H.H., o è Lolita a condurre il gioco sempre più a fondo, in questa spirale? E sono reali, o solo il frutto della fantasia di un uomo malato, le ossessioni continue di Humbert, che assillanti e continue come orde di tafani assalgono anche il lettore? 

La struttura del romanzo mi ricorda quella a spirale dell'Inferno dantesco: un inferno moderno, un inferno degli anni '50, in cui i dannati e i diavoli sono tutti nella mente di un uomo solo. E come dall'Inferno, da Lolita si emerge solo dopo aver toccato il fondo, passando per una natural burella, per un percorso di redenzione che però si nega. Le stelle si potranno vedere solo attraverso le fitte sbarre della prigione di malvagità e ignominia che ci si è costruiti intorno.

* Edit: a rigore, come mi hanno fatto osservare, si dovrebbe parlare di ninfofilia, dato che il protagonista si sente attratto da Lolita, che si trova, almeno all'inizio, in una fase pre-puberale o appena puberale, e non è quindi più una bambina, anzi, sta cominciando a sperimentare la propria sessualità.

** Ah, sono parentetica più del solito, giusto per avvisarvi che lo stile di Nabokov è qui snervantemente parentetico. Se non riuscite a tollerare queste mie lievi digressioni di qualche parola, vi consiglio di abbandonare l'idea di leggere questo libro, for your own sake***.

*** Ah, sì, il libro abbonda anche di espressioni francesi e inglesi. Sì anche nella traduzione italiana.

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Recensione di
Redazione
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5 commenti
  • Infatti è uno di quei libri che non fanno su di me la minima leva d'interesse.
    Mi piace molto questo tuo stile di recensione, soprattutto le note :)

  • Lolita è un gran libro. Non il migliore di Nabokov, ma quello che – tra i suoi – ha una trama articolatissima: colpi di scena, disgressioni temporali, ed un lungo periodo di tempo che passa dall'inizio alla fine (o finisce dall'inizio o insomma le varie circolarità nabokoviane, peculiari nel suo stile, molto più accentuato nel periodo americano).
    Lolita è innanzi tutto una storia d'amore. Certo, è un amore deviato e malnato, ma – dice l'adagio giapponese – se ci sono cento persone ci sono anche cento modi d'amare. 
    Io però sono di parere contrario sulla noia. Io ho trovato assolutamente godurioso tutto il percorso, tutta la storia, perché è di un'esistenza che stiamo parlando, di una confessione di una vita ormai sputtanata. Non c'è noia, è solo testimonianza, e credo che Nabokov riesca ad ottemperarla in modo sublime.
    Poi è un fatto di gusti, ma il suo stile è così magnifico che finisco per lasciarmi rapire, come le quiete onde del mare, dalle sue parole, dalle sue perifrasi quasi architettoniche tanto sono ben salde.
    Hai letto L'Occhio? Di sicuro sarà difficile annoiarsi con quello.
    Bel blog, intellettualmente interessante. Spero tu faccia un salto nel mio!

    Ciao

Recensione di Redazione