La Fine del mondo storto – Mauro Corona

Un giorno, senza sapere perché e per come, il mondo si sveglia e non può più contare su combustibili, né elettricità; futuro ampiamente possibile se non ci diamo una regolata.
Corona ci spiega – in un flusso unico, compatto, umorale, di narrazione ridotta all’osso – come funziona il nuovo mondo.

Lo fa con tagli netti, scavando intorno a grandi temi non orig_C_0_articolo_491315_listatakes_itemTake_0_immaginetakecon il cesello dell’incisore (qual è nella vita) ma con la scure di chi ha qualche sassolino da togliersi dalle scarpe.
Ci mette del suo. Il vissuto di uomo “vero” dei boschi, a margine della civiltà e, per questo, superiore nel momento del bisogno, perché lui sa come si fa!
Gli uomini che sanno ancora usare le mani, che non hanno mai dimenticato la pancia vuota che brontola di fame vera, sono i nuovi insegnanti.
Mentori, depositari della saggezza, l’unica che serve a salvare la pelle.

Il racconto si dipana avvincente e pare di vederlo il caro Corona, nella sua piccola casa montagna, seduto al tavolo di legno, tra trucioli di legno e mozziconi di matita, con la candela gocciolante e il quaderno aperto di fronte. Tra una riga e l’altra una sorsata di vino, per stendere i pensieri che tendono ad aggrovigliarsi.
Tutto molto poetico, di poesia spesso spicciola e polverosa, che arriva dritta alla bocca dello stomaco e lascia interdetti.
La sua è una carrellata veloce e molto cinematografica che si sofferma su alcuni particolari per far esplodere l’incanto dell’evocazione immaginativa.
Ma non mi ha soddisfatto del tutto.
La narrazione è molto sommaria. Si tende a generalizzare eventi, moti interiori, sentimenti e  a sminuire la civiltà umana.
Corona, mi par di capire, vede un'unica via per stare bene e in pace con l’universo:
dobbiamo affidarci alle “sane vecchie abitudini”.
Coltura prima di cultura.
Spaccarsi la schiena prima di perder la vista sui libri.
Tradizione orale prima di quella scritta.
In fondo siamo bestie un pelino più evolute prima di essere uomini.
Mi chiedo: diecimila passi indietro per l’umanità solo per non avere più combustibili?

Eppure nel libro c’è chi prova a risollevarsi con energia solare, eolica e idrica, con scarsi risultati perché i più capaci sono morti in quanto “avevano scordato come si usano le mani”, ma Corona non li mette in luce anzi li schernisce.
Mi pare aleggi per tutta la narrazione il pretesto dello sparare a zero su cose di cui non si è capito bene. Alcune dinamiche sfuggono all’autore che tende ad appiattire e rendere ogni piccolo passo di miglioramento come un pericolosissimo riaffacciarsi sulla sciagura.
Bello ma eccessivo. Tosto ma superficiale. Illuminante ma anche no.
Che poi io lo so pure accendere un fuoco ma non per questo la meno alla gente che non è capace.
 

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Recensione di
Simone Gentile

Sono Simone Gentile. Stretto tra una torre di libri e una pila di graphic novel (da leggere tutti, rigorosamente, in ordine sparso) continuo a lasciare una traccia nera su un foglio bianco; un timido rivolo che vuole affluire all'impetuoso corso della narrativa e continuare il Viaggio. Sono aperto a qualsiasi genere ma attratto dalle varie declinazioni della paura, per questo spesso mi ritrovo invischiato in storie che "MAMMAMIA!"... e forse poi, un po', me le vado a cercare.

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5 commenti
  • sono quasi del tutto d'accordo con la tua analisi.
    Corona è, da quel che ho potuto vedere in diverse interviste, un uomo intelligente, coerente anche fino allo stremo: proprio questa è la questione, come dici anche tu. Diventa integralista, la sua è l'unica via o quasi.
    Per questo ogni volta che lo sento parlare oscillo tra la stima e l'esasperazione.

  • Bellissima recensione ma io nei confronti di quest'autore tendo più verso l'esasperazione che la stima. Per questa volta passo… magari chissà, in autunno, a mente un po' più serena, potrei farci un pensierino.

  • L'ho letto . . . concordo su tutto, se posso aggiungere la mia potrei dire che mi pare una raccolta di discorsi del tipo: "e cosa faresti tu se. . ." fatta all'osteria di Erto, dopo un serata alietata da un bel po' di "ombre" e "quartini" di vino
    Ci sono molte ripetizioni di concetti uguali sparse nei capitoli e questa ossessiva antipatia per la gente di città, (che però è giusto imbambolare di chiacchiere nel salotto della Bignardi) per chi lavora con l'intelletto o con le mani ma non per fare il rude uomo dei boschi, come vuole darci l'impressione di essere lui. Ho aprezzato altri suoi libri, ma questo no!

    Ciao, R

  • io ho provato ad iniziarlo, ma proprio non riesco a leggerlo! Lo trovo davvero scritto male e in modo ripetitivo e poi, oltre a criticare incessantemente gli uomini, dov'è la trama??? dopo 60 pagine continuava sempre la stessa descrizione e l'ho chiuso…non so se avrò il coraggio di riaprirlo sinceramente! 

Recensione di Simone Gentile