Questo libro non è un libro, è un grido. Per lo più di rabbia e insoddisfazione ma anche di disperazione e rassegnazione. E’ un grido a volte assordante: ci sono parti che disorientano, si perde il filo bombardati da aneddoti, stralci di sogni raccontati come fossero la realtà. Si finisce con il pensare ( passatemi l’espressione poco aulica ) : ma che casino di storia, di vita, di uomo!
La vena autodistruttiva di Rep, il protagonista che vive a Bogotà ma si sente newyorkese e da newyorkese si ostina a vivere testardamente e assurdamente, ricorda un po Charles Bukowski. Alcol, droghe, donne, una vita vissuta all’insegna della trasgressione nel vigoroso tentativo di ESSERE o di morire provandoci, rifuggendo gli stereotipi di una Colombia che sta stretta come una prigione, idealizzando miti rock come Kurt Cobain, inventandosi registi e artisti in generale per sentirsi pieni, vivi, caldi, vibranti. E andando avanti così sempre e comunque senza dubbi o remore, continuamente bastonato dalla vita e dal ricordo di una certa ragazza, di un amore feroce e criminale che poteva salvarlo e invece lo ammazza, giorno dopo giorno, rendendolo un fantasma zoppicante che vagabonda senza meta per una Colombia irrequieta, in attesa della sera e del prossimo giro
è un libro assurdo, infatti.
ma è ben scritto, il che rende l'assurdità interessante (e poi è vero, ricorda Bukowsky) .
Slo per il titolo è da applauso!
Sarà così quello originale?
Si l'originale è uguale! D'altronde sarebbe stato troppo da criminali distruggere un titolo così!!