Una frase, un rigo appena – Manuel Puig

"…e al silenzio fece seguito il silenzio"

9788838912887gMolto amato e molto letto in Italia e nei molti paesi in cui è stato tradotto, “Una frase, un rigo appena” racconta una storia di desiderio.

Siamo a Vallejos, sperduto paesino della Pampa. Fa da sfondo una sfarzosa e civettuola Buenos Aires. Intorno a Juan Carlos, bellissimo latin lover roso dalla tisi e il cui unico pregio è una disarmante bellezza da divo del cinema, danzano e si muovono le sue donne: la fidanzata, le amanti, la madre, la sorella. Un'umanità femminile che intesse trame e spera di vivere secondo i canoni della letteratura rosa, delle canzonette di successo, delle più fascinose pellicole d'epoca. Ma non riesce inevitabilmente che a tingere di velleitarismo e tragicomico la sua miseria vera e quotidiana, fino all'esito scontato del risentimento e della frustrazione: il delitto. Il tema del desiderio distorto dalla subcultura di massa, in cui è costretto a germinare, è un tema classico di Puig, a dare efficacia maggiore al quale lo scrittore argentino adotta qui uno stile che intende riprodurre fedelmente i documenti naturali che la vita e le tragedie quotidiane lasciano come detriti. Tracce di esistenza intersecate da dialoghi che un orecchio imperturbabile e impietoso registra. Uno stile al quale la nuova traduzione di Angelo Morino restituisce le sfumature, il colore e il calore dopo la pessima prova di Enrico Cicogna.

Mi sono imbattuta in questo libro durante uno dei pomeriggi di molti anni fa, vagabondando nel quartiere di San Frediano a Firenze,là dove pullulano i negozietti antiquari e le librerie dell’usato, alla ricerca di stimoli e ispirazioni. Cercavo tutto non cercando niente. In una cesta posta appena fuori dal portone di una di queste spaurite librerie lambivano stancamente libri dalle copertine consunte, buttati alla bell’e meglio come  poveri corpi agonizzanti in una fossa comune. Sulla cesta era affisso un cartoncino sul quale campeggiava la scritta: “un libro 60 cents”. Questa scritta scosse la mia quiete sinaptica e affondai le dita e gli occhi alla ricerca del cucciolo di carta e inchiostro da salvare e portare a casa con me. Mi imbattei nell’edizione curata dalla Feltrinelli negli anni ’70, con traduzione affidata a Cicogna.

Perché ho scelto questo libro? Puro istinto. Questo titolo mi ha accarezzata, si sposa alla perfezione con il mio linguaggio. Ha atteso pazientemente per molto tempo sullo scaffale della mia libreria. Poi, l’altra notte, di colpo ecco la voglia di leggerlo.
L’edizione Feltrinelli mi ha lasciata di stucco: traduzione curata da Cicogna assolutamente irrispettosa (confrontare l’originale per constatarlo). Testo costellato di Orrori grammaticali, sintattici e ortografici. Il giorno dopo sono passata in libreria ed ho spulciato la nuova ristampa e devo dirlo: la Sellerio ha preso in mano le redini di questo notevole romanzo, salvandolo.
La storia da romanzetto harmony lascia un po’ il tempo che trova ma si presenta come un esercizio di scrittura che, oltre ai narratori, alterna anche gli stili narrativi: cronaca, diario,
epistolario, verbali e dossier di polizia, album di fotografie, ritagli di giornale, necrologi, frammenti di  narrazione impassibile, dialoghi serrati, pensieri inconfessati, si alternano instancabilmente per raccontare una vicenda sentimentale che si svela poco a poco, come un pettegolezzo che
gradualmente si arricchisca di nuovi elementi e nuove angolazioni.

Puig riesce a creare la catarsi, nonostante i salti temporali e la staffetta tra i vari personaggi.
Ho trovato incantevoli i flussi di coscienza joyceliani.
Alcune considerazioni fanno “agghiacciare” a causa del testosteronico  bigottismo e del machismo di cui sono permeate, ma è anche vero che vanno assolutamente contestualizzate e legate a quella società perbenista e moralista della Buenos Aires degli anni ’30.
Sarà che non mi aspettavo niente, ma sono rimasta piacevolmente sorpresa e, di conseguenza, lo consiglio q per lo meno come prova di scrittura.

Nota alla traduzione: pessima la prima traduzione di Cicogna (ma realizzata anche in tempi diversi, con mezzi molto limitati), corretta quella di Morino. Due parole vanno spese sul titolo: "Boquitas pintadas" l'originale, da un celebre bolero, "Una frase un rigo appena" quello italiano, dalla canzone "Scrivimi". Una scelta azzeccatissima, fatta per rispettare il senso di folletín e di popolarità del romanzo originale.

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Recensione di
Evey

Sono Eva, 34 anni, laureata in Lettere e Filosofia e in Storia e Critica dell'Arte. Da 8 anni collaboro come consulente editoriale con tre grossi nomi dell'editoria.
Lettrice, pittrice, bassista, viaggiatrice on the road. Lavoro al mio primo romanzo e seguo corsi di criminologia.
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5 commenti
  • Un'altra frequentatrice di robivecchi cartacei… mi fa piacere che ci sia qualcun altro con questa mania.
    E poi una considerazione sul titolo, giusto per ricordare che tempo addietro Sara (se non ricordo male) aveva lanciato una discussione in merito all'oppportunità o meno di tradurre letteralmente i titoli, data la palese demenzialità di molte versioni italiane. Qui abbiamo invece un esempio virtuoso… del resto, mi viene in mente Shining (il film, il libro non l'ho letto), in cui la frase senza senso che Nicholson scrive ossessivamente è "il mattino ha l'oro in bocca", mentre l'originale era un motto americano che sarebbe davvero stato privo di senso, per noi.
    Mi viene da dire che purtroppo nessuna regola può arginare l'idiozia, e la stessa pratica (cambiare il titolo) a volte può risultare virtuosa, a volte del tutto ingiustificata.
    Qualche altra opinione al riguardo?

    P.S. ovviamente, complimenti per la recensione: accurata, professionale, senza essere per questo fredda

  • Ci sono pochissimi esempi in cui la traduzione italiana del titolo di un'opera mantiene inalterata la bellezza dell'originale o, in rarissimi casi, la migliora. Due esempi di raccapricciante storpiatura, che mi son rimasti fissamente impressi in mente e che riguardano le pellicole cinematografiche sono l'agghiacciante "Se mi lasci ti cancello" che ha lacerato il velo poetico del titolo originale della pellicola, diretta da Michel Gondry, "Eternal sunshine of the spotless mind" (citazione di William Blake), e la raccapricciante scelta di tradurre uno dei capolavori di Woody Allen, "Play it again, Sam" (omaggio ad una battuta del film Casablanca) con la banalissima formula "Provaci ancora, Sam" perché in Italia non avrebbero colto la citazione, e per giustificare tale scelta nel doppiaggio italiano hanno addirittura cambiato il nome del protagonista chiamandolo, rendiamoci conto, Sam!!!

    Ps: grazie per i complimenti :)

  • ma i libri che posti li hai letti tutti? io leggo fin da quando ero piccola piccola, se fossi milionaria lascerei nelle librerie solo polvere :) un libro che mi è piaciuto particolarmente è "il giardino segreto" l'hai letto?
    un abbraccio

  • @eleonora: ciao. Si, leggo da quando ero piccolissima…. e da un paio d'anni lo faccio anche per lavoro. "Il giardino segreto" non l'ho letto. Mi toccherà rimediare :)

Recensione di Evey