Definito in quarta di copertina «un romanzo insolito» per l’autore Amos Oz (Gerusalemme, 1939 – Tel Aviv 2018), Tocca l’acqua, tocca il vento (Lagaat bamayim, lagaat baruach, 1973; ma in traduzione italiana è disponibile solo dal 2017) è sicuramente diverso da altre opere dello stesso scrittore, ma è anche un libro poco riuscito.
Nella Polonia del 1939 Elisha e Stefa, marito e moglie, insegnante di matematica lui e di filosofia lei, vengono divisi dalle persecuzioni antisemite. Terminata la guerra, lui raggiunge la Palestina e si stabilisce in un kibbutz, lei diventa suo malgrado una spia sovietica. Ma non si dimenticano l’uno dell’altra. Nel mentre la Palestina è a sua volta sull’orlo della guerra e le potenze grandi e meno grandi del globo si interessano ad una ricerca scientifica di Elisha.
Una bizzarra storia d’amore, tra un professore figlio di un orologiaio, schivo e riservato, e una donna colta, attraente e volitiva. Ma soprattutto, purtroppo, un romanzo pesante e spesso oscuro. Una lettura per nulla accattivante, in cui si mescolano fiaba e filosofia, musica e matematica, ma la trama e i significati sfuggono.
Tornano comunque sempre i temi cari all’autore, tra cui la critica alle piccole e grandi ipocrisie che caratterizzano la vita del kibbutz, le difficoltà dei rapporti tra diverse generazioni, il sogno della pace tra Israeliani e Palestinesi.