Tennis, tv, trigonometria, tornado e altre cose divertenti che non farò mai più – D.F. Wallace

Perché se l'anarchia vince davvero, se la mancanza di regole diventa la regola, allora la protesta e il cambiamento non sono solo impossibili, ma impensabili. Sarebbe come barrare sulla scheda il nome di Stalin: stai votando a favore della fine di tutte le elezioni.

Più vado avanti nel mio viaggio nella produzione di D.F. Wallace, più mi verrebbe da prendere il primo aereo, e andare a trovare questo tizio per fargli una dichiarazione di ammirazione eterna. La cosa è purtroppo impossibile, visto che Wallace ha voluto lasciarci due anni fa. Ed il fatto che uno scrittore così giovane, morto così prematuramente, sia in grado attraverso le sue sole opere di farci venire una gran voglia di prendere un aereo e attraversare mezzo mondo solo per stringergli la mano, dovrebbe farci riflettere sulla sua grandezza, e sulla grandezza della nostra perdita.
Tennis, tv, trigonometria, tornado… è un'altra antologia di quella che si potrebbe voler definire di pseudo-saggistica, o pseudo-giornalismo (come Considera l'Aragosta), se non fosse che contiene veri saggi e veri articoli di giornali e riviste.
Io non ho mai visto Wallace dal vivo, ma penso che doveva sembrare, un perfetto cazzone, al comune mortale che l'avesse visto paralizzato dal terrore fuori dal Palazzo del Pollame nella Fiera Statale dell'Illinois, o ad intralciare sul set di Strade Perdute di David Lynch, o ancora a cercare di intervistare tennisti provenienti dall'est europeo per chieder le loro che cosa si provasse a sudare avendo i capelli impiastrati di gel, a lato dello Stadium Court del Jarry Stade di Montréal.
E insomma, a volte, leggendo i suoi pezzi, avete proprio l'impressione che Wallace fosse uno decisamente poco sveglio, ma uno di quello bonari e consci di esserlo, che – parole sue – "non ci provano nemmeno, a fingere di fare i giornalisti". E mentre vi cullate in questa impressione, ecco che il vecchio Dave vi fa una di quelle battute che letteralmente vi cappottano dalle risate. O vi mette un'osservazione di una limpidezza e di un acume che vi fanno venire voglia di cercare una matita nella borsa, solo per sottolineare quella frase, poterla ritrovare.

Wallace aveva una capacità di osservare il mondo, di ritrarlo nei suoi aspetti più grotteschi, in maniera che sa essere contemporaneamente feroce e divertente. È il dono che hanno quelle persone che sono capaci di farvi ridere facendovi notare i vostri stessi difetti. Non è lo scuotere la testa dell'homo sapiens sapiens che si sente più sapiens degli altri sapiens sapiens. Non è nemmeno la pontificazione fine a se stessa, l'analisi iper-ombelicale, iper-contrita di chi si prende proprio sul serio. È il sottile disarmante, acume del vostro sconosciuto vicino, che, al cinema, nel bel mezzo della visione di un brutto film, si avvicina e vi sussurra, piano "non è sconcertante che tanta gente sia partita da casa per venire a vedere questa roba? dev'essere davvero divertente".

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