Serenata senza nome – Maurizio De Giovanni

La conoscete voce ‘e notte?  Scritta nel 1903 da Edoardo Nicolardi e musicata da Ernesto De Curtis, è stata interpretata da voci autorevoli della canzone napoletana e italiana.

Voce ‘notte  altro non è che la Serenata senza nome, la storia cui si ispira questo stupefacente romanzo.

Voi lo sapevate? Io no. E per fortuna l’ho scoperto immergendomi nella lettura di questo libro, profondo e completo, perché Serenata senza nome non è solo un giallo… non è solo la storia di Vinnie Sannino, emigrato clandestino in America, diventato campione di pugilato, e sospettato, al suo ritorno in Italia, di aver ucciso il marito di Cettina, il suo amore mai dimenticato. Serenata senza nome è anche e prima di tutto una storia di sentimenti, come l’amore fra Vinnie e Cettina, è la storia del commissario Luigi Alfredo Ricciardi,  l’uomo che ha il dono, o la condanna, di vedere e sentire i morti. I morti di morte violenta. Ed è la storia di innumerevoli personaggi, le cui vicende ruotano attorno a una trama trasversale, incastrandosi alla perfezione.

Serenata senza nome è sangue, passione, dolore, cuore, disperazione,  malinconia, vita, morte. Serenata senza nome è la Napoli degli anni trenta, del regime.

La scrittura di Maurizio De Giovanni è come la sua città, Napoli, un mondo a parte, artistica, unica, senza possibilità di paragoni. Una scrittura rotonda, forbita e allo stesso tempo scorrevole. Una scrittura piacevole, poesia allo stato puro. La realtà viene raccontata con i suoi dolori, fisici e psicologici, le miserie, le emozioni,  l’amarezza,  la tristezza,  la passione… vengono disegnate sulla carta, mai spiattellate  con crudezza,  sempre tratteggiate con eleganza, risultando così ancor più reali e taglienti. Questa non è solo letteratura. Questa è arte.

Credo che quello di Maurizio De Giovanni sia un vero talento. E credo di averlo scoperto troppo tardi,  per quanto è bravo. Ma mi sto rifacendo. Ho letto Il metodo del coccodrillo, un noir contemporaneo, perfetto, non per altro ha vinto il premio Scerbanenco, e ho proseguito con I bastardi di Pizzofalcone.

Della serie del commissario Ricciardi ho cominciato con L’omicidio Carosino, il racconto che ha inaugurato il personaggio di Luigi Alfredo Ricciardi, scritto nell’ambito di un concorso letterario, da quanto ho appreso. Poi, siccome, sono una lettrice alquanto disordinata, non ho cominciato a leggere la serie dall’inizio, da Il senso del dolore. No, sono partita dall’ultimo, cioè questo. E in breve la leggerò tutta.

Maurizio De Giovanni è la dimostrazione che non sempre serve andare tanto lontano nel tempo, ma soprattutto nello spazio, per leggere bene.

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Recensione di
Miriam Caputo

Sono una divoratrice di libri, che ama la scrittura. Mi piace raccontare le storie che ho letto, ma anche inventarne di nuove e creare personaggi. Mi rispecchio in questa frase:
"Io voglio essere la trapezista, che fa il triplo salto mortale con il sorriso, la leggerezza, e non fa vedere la fatica dell'allenamento, perché altrimenti rovinerebbe il tuo godimento di lettore. Io voglio essere la trapezista e nulla voglio trasmettere della fatica del mio scrivere"
(Andrea Camilleri).

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2 commenti
  • Questo autore io lo amo. Scrive in modo che ti prende allo stomaco e non ti molla più. Ho letto tutta la saga ( che fino adesso ha scritto) sul commissario Ricciardi, e lo amo profondamente. Riesce sempre a farmi commuovere, leggere un suo libro è come leggere dentro la propria anima. Non ho mai letto questo libro e neanche gli altri che hai citato, dovrò rimediare assolutamente. Grazie per la tua bella recensione

Recensione di Miriam Caputo