Qualcosa che s’impara – Gian Luca Favetto

Ci sono libri inclassificabili nel loro genere e Qualcosa che s’impara è proprio uno di questi.
Non si tratta di un romanzo, non è una raccolta di racconti e non è nemmeno un saggio nel vero senso della parola. Qualcosa che s’impara fa parte della collana Crocevia della NN Editore che indaga libro dopo libro, alcune delle parole fondamentali del nostro tempo cercandone il senso profondo. A Gian Luca Favetto (che scopro solo con questa pubblicazione!) è stata affidata la parola “perdono” che in questa interpretazione viene associata ad un’altra parola importante: “dono”.
Cos’è infatti il perdono se un “dono perfetto che rende perfetto il donatore” (cit. A. Zaccari)?

Il libro si divide in 10 capitoli associabili ad altrettante riflessioni che l’autore elabora intorno al tema del perdono facendosi prestare le idee dai grandi della letteratura e della poesia (Shakespeare, Omero, Cervantes), dai suoi amici e non per ultimo dalle sue esperienze di vita.
Proprio con una di queste si apre il libro, un inizio teatrale nel vero senso della parola visto che il protagonista – e autore – si trova in un teatro di Lione ad assistere ad una particolare messa in scena di Macbeth insieme alla donna che ama.
Ecco, il Preludio di questo romanzo (è così che si chiama il primo capitolo) vale già da solo la lettura dell’intero libro: lo stile di Favetto è una poesia per gli occhi, la sua scrittura ti fa scivolare dentro la storia in poche, pochissime frasi:

E io sono qui, fra paradiso e inferno, fa Part-Dieu e Perrache, le due stazioni di Lione, una d’arrivo e una di partenza, seduto in questa sala a vetrate trasformata in spazio teatrale, perché amo una persona.
La persona che amo siede alla mia destra. Stiamo partecipando a quella che il regista presenta come una tragedia d’amore e del potere, dell’istinto che vorrebbe farsi ragione e della mancanza di perdono. Il perdono in questo caso non è quello che offri o rifiuti agli altri – verrà dopo semmai -, ma quello che non concedi a te stesso. È l’incapacità di perdonarsi che prova la micidiale solitudine di Macbeth e Lady Macbeth. Terribilmente soli e destinati alla follia, hanno bisogno l’uno dell’altra. Sono una nell’altro. Non formano una coppia, si completano, formano una persona in due, sono uno in due.

Un libro che vi consiglio per il tema trattato e per lo stile indimenticabile.

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Recensione di
Sara D'Ellena

«La mia intenzione è raccontare una storia: in primo luogo perché la storia viene da me e vuol essere raccontata.» Philip Pullman.
Raccontare storie e costruire librerie (immaginarie ovvio!) è la mia passione e la mia unica missione.

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