Se c’è una cosa che ho imparato di me leggendo, è che sono senza dubbio una persona empatica o, meglio, una di quelle persone che somatizza tutto, specialmente le emozioni negative.
E’ soprattutto per questo che non amo particolarmente i gialli, thriller o i noir, proprio perché poi avanzando nella lettura, subisco fiscamente l’ansia, l’angoscia, la paura dei protagonisti dimenticando la linea sottile che scinde la realtà dalla finzione letteraria. Ma non è forse vero che spesso la realtà fa più paura di qualsiasi finzione? Che gli orrori ai quali ci stiamo abituando quotidianamente, fanno un baffo ai peggiori incubi inventati dai maestri dell’horror?
Così, la storia di Chalene, che è convinta di essere a pochi giorni dalla sua morte, in quanto unica superstite di un trio di amiche uccise ad un anno preciso di distanza una dall’altra, non ci sembra poi una storia cosi surreale e questo già basta a metterci i brividi.
Cosa fareste se sapeste di avere un anno di vita prima che qualcuno venga a cercarvi per farvi fuori?
Charlene che ha avuto un’infanzia segnata dalla follia violenta e psicotica della madre, ha deciso di non voler essere ancora una vittima della vita: impara a sparare, a tirare di boxe, lavora di notte come centralinista del pronto intervento e rimane vigile, sospettosa e… sola.
Non sa chi si vedrà arrivare il 21 gennaio, non sa perché e non sa se sarà in grado di sopravvivere. Ma una di una cosa è sicura: non vuole morire.
Per questo chiede aiuto all’infallibile detective di Boston D.D. Warren, appena tornata sul campo dopo la maternità e già impegnata in un caso di omicidi seriali di pedofili, che sarà la seconda storia portante dell’intero romanzo.
Con un prologo da brividi (che forse lascia intendere troppo), il libro si lascia leggere con avidità fino alla fine, nonostante il colpo di scena, climax di questo genere letterario, sia arrivato a 3/4 della narrazione (un po’ troppo presto per i miei gusti) senza aggiungere ulteriori sorprese fino alla fine.