On the Road – Jack Kerouak

“Dobbiamo andare e non fermarci finchè non siamo arrivati”.
“Dove andiamo?”
“Non lo so, ma dobbiamo andare”.

E’ un classico On the Road o almeno tale è definito. E a breve uscirà il film. Certo che quando uno pensa a un classico pensa a tutt’altro, i grandi autori russi, inglesi, francesi, italiani dell’800.

Una letteratura in realtà ben distante dalla nostra quotidianità, dalla nostra routine, da quelle che sono le nostre battaglie di oggi e di domani, battaglie con il mondo ma più spesso battaglie con chi siamo. 
On the road
, invece, è un classico eterno. Jack Kerouak in realtà è dentro di noi, una parte di noialtri è Jack Kerouak e questo rende il suo libro eterno. Eterno ed estremo.
La ricerca di quel qualcosa che ci manca, che non sappiamo cosa sia, che desideriamo follemente, che ci genera angoscie, inquietudine a meno che non siamo così bravi (o fortunati) da convincerci che questa smania non arda dentro di noi. Tanti ci riescono, temo. Io no.

Questo libro mi ha parlato dalla prima pagina. Il viaggio fisico o interiore che non finisce mai, gli attacchi di rabbia quando non si vede la fine, il tentativo di forzarci a porre fine a questa ricerca, tentativo che fallisce sempre miseramente. E allora ci si rimette in marcia in armonia con quello che desideriamo trovare e che on sappiamo cosa sia ma che sappiamo con certezza darà serenità ed equilibrio alla nostra esistenza.

Sino a quando o si cede o si abbraccia la follia, come Dean Moriarty.
Qual è la scelta giusta? Abbandonarsi ciecamente e disperatamente alla ricerca senza fine fino all’autodistruzione o proteggerci circondandoci da sovrastrutture che ci danno l’illusione di una pace raggiunta?

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2 commenti
  • Era un periodo particolare per gli statunitensi che non lottavano contro la fame. Avevano il benessere a portata di mano e non volevano ripercorrere la vita dei loro genitori: un impiego monotono, un mutuo, i programmi in TV. Cercavano qualcosa di diverso ma non avevano la più pallida idea di dove trovarlo, e nel dubbio giravano senza meta, sia fisicamente che metaforicamente.

    Sinceramente ho trovato “Sulla strada” un libro sopravvalutato. Ripetitivo, con un stile narrativo senza guizzi, poteva riassumersi in “Ho un amico che ruba auto e si mette nei guai con le ragazze”, visto che non mi pare succeda altro, oltre alla voce narrante che, appunto, prende autobus e passaggi per andare da un parte all’altra degli USA.

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