L’ombra del vento – Carlos Ruiz Zafón

Con questa recensione provocherò probabilmente del disappunto e forse perfino indignazione, tuttavia intendo correre il rischio. Un rischio, a dire il vero, ho deciso di affrontarlo prima di tutto quando ho acquistato il libro, dal momento che sono sempre piuttosto scettica nei confronti dei best-seller; ma siccome anche alcune delle mie studentesse lettrici premevano per ascoltare un mio parere, ho finito coll’acquistare L’ombra del vento (La sombra del viento, 2001) di Carlos Ruiz Zafón (Barcellona, 1964). L’incipit mi ha incuriosita e intenerita, il prosieguo ha certamente tenuto viva la mia attenzione e in qualche tratto mi ha anche commossa; ma restiamo ben lontani dal capolavoro decantato da tanti.

Siamo a Barcellona nel 1945. Daniel non ha ancora undici anni quando il padre lo conduce nel labirintico Cimitero dei Libri Dimenticati dove il bambino potrà scegliere il libro che preferisce e “adottarlo”. La scelta di Daniel cade su L’ombra del vento di Julián Carax; da quel momento, come predetto dal padre, il romanzo accompagnerà il piccolo per sempre. E cambierà la sua vita. Il libro infatti è al centro di intrighi e misteri che riguardano il suo autore e che finiranno per coinvolgere anche Daniel. Saranno necessari dieci anni perché tutte le verità e tutti i drammi vengano a galla.

Il romanzo ha suscitato grandi entusiasmi in lettori conquistati dalla trama intricata che si dipana a poco a poco, intrecciando tante vite e tante storie, passioni, amori, violenze, brutalità… Alcuni personaggi restano effettivamente impressi, come quello del bizzarro barbone Fermín, comunista appassionato e libertino impenitente, e quello del malinconico Miquel, perdutamente innamorato della donna sbagliata e amico fedele e generoso come pochi.417pNUUul8L._SL500_AA300_

Tuttavia, assumendo il giusto distacco, L’ombra del vento si rivela una manipolazione di temi e caratteri non particolarmente originali e addirittura, in certi casi, tipici della letteratura “d’appendice”. La manipolazione è abile, sia chiaro. Lo scrittore è un artigiano della penna davvero capace, che conosce e utilizza le più varie strategie per tenere alta la curiosità dei lettori e appassionarli alle vicende di Daniel e dei suoi compagni di avventure. Ma a lettura conclusa resta la delusione di chi si sarebbe aspettato di più: misteri meno prevedibili, personaggi meno stereotipati, storie meno inverosimili data la pretesa di realismo (seppure “magico”). Anche la costruzione del racconto rivela, ad una lettura più attenta, i suoi difetti. Nel cedere la parola a vari narratori interni l’autore perde di vista, ancora una volta, la verisimiglianza, attribuendo ad alcuni personaggi la conoscenza dettagliata di fatti e perfino di discorsi che realisticamente non potrebbero possedere.

Molti ritengono che Zafón abbia colpito nel segno dando vita ad un capolavoro contemporaneo. In realtà siamo davanti ad una narrazione piacevole, ora anche divertente ora perfino commovente. Ma nulla di più.

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Recensione di
D. S.

Sono una lettrice vorace, una cinefila entusiasta e un'insegnante appassionata del suo lavoro; e non so concepire le tre cose disgiunte l'una dall'altra.

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