Ci sono scrittori che non possono deludere, e uno di questi è Sándor Márai (Košice, 1900 – San Diego, 1989), autore ungherese vissuto anche in Italia, lungamente misconosciuto anche dopo la sua tragica morte per suicidio. Prima del suo capolavoro, Le braci, Márai pubblicò nel 1939 un breve romanzo intitolato L’eredità di Eszter (Eszter hagyatéka) che merita certamente un posto di riguardo non solo nella sua produzione ma sugli scaffali della migliore letteratura.
Sono trascorsi tre anni da quando Eszter ha incontrato per l’ultima volta Lajos, l’unico uomo che abbia mai amato nella vita, e sente il bisogno di mettere per iscritto gli eventi di quella domenica di fine settembre.
Così vent’anni prima aveva abbandonato Eszter e così è ritornato a portarle via il poco che le è rimasto. Eszter ormai conosce Lajos, è perfettamente consapevole delle sue menzogne, eppure non riesce a sottrarsi alla sua seduzione e cede per l’ennesima volta.La storia è narrata dalla voce di Eszter, che ripercorre, con un ritmo lento ma mai pesante, l’ultimo incontro con Lajos e l’ultima sua bugia. Nel racconto si aprono poi numerosi flashback sul passato, sicché il tempo della storia si dilata di decenni e ci permette di conoscere meglio i diversi personaggi e le loro vicende. Come nelle Braci, i segreti e le menzogne si svelano a poco a poco attraverso la confessione sempre più sincera e intima del personaggio e attraverso il confronto con l’antagonista; e come nelle Braci la verità più profonda non potrà essere svelata, sepolta dalle mistificazioni e dagli autoinganni.
Márai è uno scrittore capace di penetrare a fondo nell’animo umano, nelle sue pieghe più nascoste e meno edificanti, lasciando ai lettori il senso di un’umanità fragile, egoista, mentitrice e di una vita che non può sfuggire al dolore. Quel dolore che evidentemente lo scrittore portò con sé, dentro di sé, per tutta la vita, fino alla decisione estrema.