Un classico. Un racconto lungo (o romanzo breve), di quelli che è sempre una benedizione leggere, o rileggere.
Il protagonista di questa storia è un sognatore, schivo, chiuso in se stesso. Il sognatore esce dal guscio e, di notte, conosce una ragazza, NASTEN’KA, semplice e giovanissima, che vive con una nonna cieca.
La narrazione non è divisa in capitoli ma in notti, quattro notti, alle quali si aggiunge il mattino del risveglio, il ritorno alla realtà. Le notti segnano gli incontri dei protagonisti, che fin dal primo momento sembrano conoscersi da sempre.
I due si raccontano nella loro interiorità e nei loro pensieri e ne escono, oltre che una bellissima e malinconica storia d’amore, due personaggi vivi e reali. Tuttavia tutto sembra immerso in un sogno. Da un lato sembra davvero di trovarsi nel bianco, nelle gelide notti di San Pietroburgo. Dall’altro si è calati in una dimensione al di là del tempo e dello spazio, fuori dalle coordinate spaziotemporali cui siamo abituati, fuori dalla quotidianità. Si è come trascinati da un vortice, quello dei pensieri e da un linguaggio ipnotico, dove il centro si confonde con la periferia, la “parte remota della città” e la notte si confonde con il giorno.
Oltre alla tematica del sogno e delle illusioni ricorre la tematica del triangolo amoroso. Il sognatore si illude, ha la sua iniziazione sentimentale, fino al duro risveglio.
Il linguaggio ipnotico e la vicenda in sé fanno sì che non vi sia una riga in cui non avvenga un’altra magia: l’immedesimazione del lettore.
Da questo libro sono state tratte più versioni cinematografiche: il film omonimo diretto da Luchino Visconti, con Marcello Mastroianni (1957) ed il film Quattro notti di un sognatore di Robert Bresson (1971).