Le memorie di Sherlock Holmes – A. Conan Doyle

«Trovo che sia piuttosto stupidità che coraggio rifiutarsi di riconoscere il pericolo quando questo è alle spalle»

Chi mi conosce lo sa:  le mie letture non seguono mai un colore fisso, prestabilito. Mi considero una lettrice eclettica ma  anche io ho le mie preferenze e le mie resistenze e i gialli fanno parte senza dubbio della seconda categoria. Non c’è un motivo preciso se non, credo io, una particolare forma mentis poco propensa ad arrovellarsi intorno ad un caso da risolvere, poco incline a lavorare di deduzione durante la lettura per anticipare l’inevitabile scioglimento del nodo che comunque alla fine verrà svelato.
La lettura per come la sento io,  è un abbandono consapevole alla storia, una navigazione tranquilla, affidata completamente al narratore che rema al posto mio fino alla fine della gita e che mi farà tornare con i piedi per terra sana, salva e con la mente sciolta.

Figuratevi quindi il mio sospetto quando un amico da poco a conoscenza della mia avversione al genere, mi ha prestato Le memorie di Sherlock Holmes una mattina di fine estate in maniera del tutto inaspettata. Il libro è rimasto per un po’ in cima alla pila dei libri da leggere e confesso di averlo guardato in cagnesco per diversi giorni prima di cedere alla tentazione di dargli una possibilità.

Le memorie di Sherlock Holmes è un libro che racchiude 11  investigazioni del detective più famoso della galassia, raccontate da quell’ ingenuotto di Watson che ad intuito investigativo, è messo peggio della sottoscritta.
La sorpresa è stata scoprire lo stile di Doyle: asciutto, asettico quasi chirurgic; il contrario di quello che ti aspetteresti da dei racconti pubblicati a puntate su una rivista ben 119 anni fa!

Lo schema, come lo stile, è molto semplice, pulito e ripetitivo: il crimine viene raccontato con dovizia di particolari da una vittima o da un testimone,  Holmes si reca sul luogo degli eventi e ci fornisce altri dettagli, il caso viene risolto rapidamente  e, solamente alla fine, ci grazia con la spiegazione completa e sistematica delle sue evoluzioni mentali.

Lo confesso, dopo il primo racconto che mi aveva lasciata spiazzata IMG_2947(ovviamente non avevo sospettato nulla sulla reale fine di Barbaglio d’Argento!) ho provato a ragionare come Holmes, facendo attenzione a tutti i particolari del racconto convinta che 119 anni di progresso, decine di film dopo (compreso un telefilm!) e un pizzico in più di attenzione mi avrebbero portato alla soluzione prima della fine del racconto.
E invece… niente! Sono destinata alla mediocrità, io e il povero Watson a braccetto saremmo una coppia fantastica (peccato sia sposato!)

Consigliato per tutti quelli che vogliono avvicinarsi al genere.
Se non inziate dalla genesi, che gusto c’è?

E comunque in Libreria avevamo già incontrato un certo Holmes…

 

 

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Recensione di
Sara D'Ellena

«La mia intenzione è raccontare una storia: in primo luogo perché la storia viene da me e vuol essere raccontata.» Philip Pullman.
Raccontare storie e costruire librerie (immaginarie ovvio!) è la mia passione e la mia unica missione.

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