L’Aleph – Jorge Luis Borges

Alla ricerca di letture nuove e stimolanti, dal punto di vista sia dei contenuti che dello stile, mi sono imbattuta in una raccolta di racconti dello scrittore argentino Jorge Luis Borges (Buenos Aires, 1899 – Ginevra, 1986) intitolata L’Aleph. Pubblicata per la prima volta nel 1949, integrata nel 1952 e revisionata ulteriormente negli anni ’70, la silloge comprende 17 brevi narrazioni a cui si aggiunge un epilogo datato 1949 seguito da una postilla del 1952.

I racconti di Borges spaziano tra i tempi e i luoghi, immergendo il lettore in un’atmosfera onirica e visionaria che evoca le domande, i dubbi e i tormenti dell’uomo di ogni epoca e di ogni regione del mondo: la vita e la morte, il doppio, la diversità, la follia, la ricerca di un senso. Alcune narrazioni sono particolarmente suggestive e più di altre capaci di stupire il lettore attraverso descrizioni, riflessioni e conclusioni inattese; tutte lasciano comunque l’impressione che qualcosa sfugga, che non tutte le risposte possano essere date. Almeno non attraverso gli strumenti della ragione.index

La narrazione di Borges resta sospesa tra razionalità e sogno, fantasticheria, misticismo (un misticismo che non si identifica con il messaggio di nessuna religione tradizionale) e infine prevale un non-senso che sovrasta ogni uomo, ogni tempo e ogni luogo e contro il quale annaspiamo invano: tanto che l’immagine del labirinto che ricorre in numerosi racconti diventa la metafora ideale della nostra condizione esistenziale. Al di là del labirinto la risposta esiste, ma appartiene alla divinità, non a noi.

Non è semplice leggere Borges: i riferimenti eruditi sono numerosi e spaziano dalla cultura classica a quella araba, da quella ebraica a quella indiana e l’autore mescola con grande maestria e finezza le sue fonti e i parti geniali della sua fantasia. Ma i racconti possono essere goduti ugualmente, pur non riuscendo a identificare tutte le citazioni e gli intrecci fra tradizione e invenzione dell’autore. Non si può non farsi coinvolgere dal viaggio dell’immortale dell’omonimo racconto di apertura, tra deserti, palazzi surreali e il vortice del tempo; o non provare pietà per Asterione, il minotauro del celebre mito perso nei meandri di un labirinto inestricabile che è innanzitutto nella sua mente; o non tremare di curiosità e di terrore di fronte all’Aleph che tutto contiene.

Un grande scrittore non è necessariamente quello che propone risposte e certezze. Anzi, l’artista è più spesso colui che ha il coraggio di porre le domande più angosciose e che sa farlo con altissima arte. Borges rispecchia particolarmente bene questo ritratto.

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Recensione di
D. S.

Sono una lettrice vorace, una cinefila entusiasta e un'insegnante appassionata del suo lavoro; e non so concepire le tre cose disgiunte l'una dall'altra.

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