Pur trattando la stessa tematica di Il cielo color melograno, questo romanzo ambientato a Teheran riesce ad andare più in profondità; vediamo come.
“Il cielo…” era fondamentalmente una storia d’amore tra due persone, ambientata nel tempo recente, con la situazione politica sullo sfondo; invece “L’albero…” passa attraverso un arco temporale più ampio, coinvolgendo diversi personaggi e varie generazioni, al punto che non si può nominare un singolo protagonista.
La narrazione ambientata nella prigione di Evin, la stessa citata nel romanzo della Black, è più “vissuta”: in questo la Delijani è brava a descrivere i giorni di una donna in gravidanza trascorsi tra compagne di cella alleate o serpi, e dove un uomo può resistere alle torture solo con la speranza di vedere la figlia appena nata. A questo proposito, mentre in “Il cielo…” era la coppia a fornire una via di uscita dalle minacce del mondo reale, qui sono i figli.
La prosa di questo romanzo è quasi sempre di buon livello. La Delijani si impegna a trovare le metafore migliori, scadendo solo raramente nei cliché di cuori che battono all’impazzata, tuffi al cuore e così via, ma potrebbe anche essere “colpa” dei traduttori e comunque questi occasionali difetti non sono così pesanti; possono stancare invece i numerosi momenti in cui le protagoniste femminili esprimono il loro desiderio verso l’uomo di turno, con le sue “sopracciglia lunghe”.
Un romanzo ambizioso ma riuscito.