La zattera di pietra – José Saramago

La zattera di pietra (A jangada de pedra) è uno dei più affascinanti romanzi di José Saramago (Azinhaga, 1922 – Tías, 2010), premio Nobel per la letteratura nel 1998. Pubblicato nel 1986, è arrivato in Italia solo una decina di anni dopo, privando dunque per lungo tempo il pubblico italiano di un autentico capolavoro.

In un’estate di un imprecisato passato la penisola iberica è attraversata da strani prodigi: cani privi di corde vocali, solchi sul terreno che non si cancellano… Questi eventi restano conosciuti solo dai pochi diretti interessati finché si verifica un fatto incredibile e sconvolgente: l’intera penisola si stacca dall’Europa all’altezza dei Pirenei e comincia a vagare per l’oceano seguendo rotte del tutto imprevedibili. Le circostanze straordinarie riuniscono cinque personaggi, tre uomini e due donne, che danno inizio ad un viaggio attraverso la “zattera di pietra” alla deriva. Il cammino, cominciato un po’ per gioco e un po’ per caso, finisce per diventare il nuovo senso delle vite di questi uomini e di queste donne tra cui si crea, nei mesi, un legame molto profondo che coinvolge anche un cane e due cavalli.

Saramago ama dare inizio alle sue narrazioni con un evento bizzarro che resta inspiegato e di lì dipanare la trama. E in questo romanzo l’esito è tra i più felici dell’intera sua produzione. Il romanzo si estende infatti per circa 300 pagine senza lentezze e lungaggini (che sono invece il difetto di altri suoi capolavori come Cecità e Saggio sulla lucidità), compreso il suggestivo e commovente capitolo rimasto a suo tempo “nella penna” e aggiunto in appendice. Come sempre per Saramago, inoltre, la narrazione diventa anche un pretesto per introdurre un discorso politico, che in questo caso colpisce in particolare l’inettitudine e l’ipocrisia del potere senza dimenticare altri temi sempre a cuore allo scrittore come le ingiustizie sociali o l’inattendibilità dei mezzi di comunicazione di massa. Come in altri romanzi,  in particolare Cecità, lo scrittore porta avanti anche un discorso morale, mettendo a nudo anche le più profonde debolezze dell’indole umana, per alcune delle quali Saramago ha, nonostante tutto, indulgenza, mentre altre vengono duramente stigmatizzate. Come di consueto, infine, l’autore fa largo ricorso all’ironia, che però in questo caso risulta più lieve, meno cupa, anche se non meno severa, realizzando un eccezionale equilibrio di toni che rende ancora più piacevole la lettura.

Come in Cecità vediamo gli uomini e le donne di fronte ad una catastrofe tanto più grande di loro, incomprensibile e ingovernabile, che il più delle volte scatena reazioni egoiste e violente, in qualche raro caso invece produce la compassione e l’affetto. Come in Cecità e nel Saggio sulla lucidità assistiamo alla reazione del potere, incapace in realtà di affrontare l’emergenza e tesa soltanto a conservare privilegi e possibilmente ad acquisirne di nuovi; mentre la comunità resta abbandonata a se stessa e sbandata. Come in Cecità e nella Caverna vediamo un pugno di uomini e donne che nel caos cercano nuovi punti di riferimento e li trovano nella solidarietà e nell’amore. E sempre in Saramago le donne appaiono più sagge degli uomini, perché dotate di un’indole più duttile. È straordinario come l’autore sia stato capace di rideclinare in maniera sempre nuova e originale i capisaldi del suo pensiero. Aggiungendo, ogni volta, un tema nuovo e specifico di riflessione: in questo caso il ruolo di Spagna e Portogallo, due terre dell’Europa unita che un bel giorno se ne sono andate alla deriva verso la loro più autentica vocazione; ma anche due Paesi spesso in contrasto e in competizione tra loro e che, nella nuova inattesa situazione, si fanno solidali.

Chi conosce Saramago sa che la lettura dei suoi romanzi è impegnativa. L’uso insolito della punteggiatura, che per esempio non distingue nettamente le battute dei personaggi, richiede un lettore costantemente vigile; inoltre la narrazione è sempre estremamente densa, poiché l’autore non rinuncia mai ad inserire i propri commenti e giudizi e impegnativi interventi metanarrativi. Tuttavia chi ama Saramago è disposto ad affrontare queste difficoltà e accetta anche qualche virtuosismo linguistico e logico eccessivo, di cui lo scrittore evidentemente  si compiace. In cambio il lettore può godere di una storia surreale e avvincente, che parla alla mente più che al cuore eppure è capace di improvvise e toccanti note di sentimento mentre non cessa mai di far riflettere mettendo in discussione tutte le nostre facili certezze morali, religiose, sociali, politiche. E di regalarci qualche saggia massima sul senso della vita.

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Recensione di
D. S.

Sono una lettrice vorace, una cinefila entusiasta e un'insegnante appassionata del suo lavoro; e non so concepire le tre cose disgiunte l'una dall'altra.

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