La sindrome di Hugh Grant – Daniele Cobianchi

Le donne mi capiranno: da qualche anno a questa parte la famosa sindrome di Peter Pan che colpisce nella maggioranza la popolazione di sesso maschile, si è cronicizzata divenendo appunto la sindrome di Hugh Grant.
Ben lontano da essere un ragazzino perenne che pensa solo a svolazzare, giocare con le spade e a dar fastidio alle sirene come Peter, Hugh è impegnato più che altro a svolazzare da una donna all’altra, sorvolando con maestria le responsabilità preferendo di gran lunga la vita di tombeur de femme perenne e impenitente.

Lo so, mie care lettrici. Lo so che almeno una volta avete incontrato anche voi questa (sotto)specie di maschio e che, dopo tentativi (vani!) di provare a diventare quella giusta – quella per la quale avrebbe detto addio agli spritz e alle ventenni in discoteca in cambio di una tranquilla vita domestica – vi siete arrese (spero!) e lo avete lasciato ai deliri della sua sindrome aimé incurabile.

Il libro di Daniele Cobianchi ci racconta uno squarcio di vita di uno di questi omunculi affetti dalla sempre più diffusa 413vj06v0vL._SY300_sindrome: Thomas Rimini è un milanese doc composto dal 60% lavoro e 40% spritz che, ad un passo dal matrimonio, dice byebye alla donna della sua vita, per riprendere una vita da single sgangherato che, come immaginate tutti, a 40 anni suonati, non è proprio la stessa cosa di quando ne avevi 20.

Una storia che si legge velocemente, leggermente inconcludente nella parte finale: si poteva dare una conclusione più condita: mi è sembrato che il tanto viaggiare del protagonista, alla fine, non portasse da nessuna parte.

Nota negativa anche per la decisione della Mondadori di inserire nella quarta di copertina (che per abitudine leggo solo alla fine della lettura), l’intera storia del libro, finale con “sorpresa” incluso.

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Recensione di
Sara D'Ellena

«La mia intenzione è raccontare una storia: in primo luogo perché la storia viene da me e vuol essere raccontata.» Philip Pullman.
Raccontare storie e costruire librerie (immaginarie ovvio!) è la mia passione e la mia unica missione.

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