La soluzione al mistero é davanti ai nostri occhi, dalle prime pagine, ma la ignoriamo bellamente.
Ci scrolliamo di dosso il dubbio e proseguiamo le ricerche della donna perduta, quella senza nome, senza passato e con il futuro minacciato; ammantata di paura.
Insieme alla dottoressa Sarah scendiamo sempre più nel buio, nel percorso a ritroso del male, e intanto le dita scure stringono su di noi.
Lo schema é tutto in questa tipologia di libro.
Un cerchio perfetto che, se é capace di chiudersi senza sbavature, consegna un lavoro pulito e senza infamia, ma anche senza particolari lodi.
Antefatto.
Introduzioni dei personaggi.
Primo affondo.
Sospetti sugli altri.
Secondo affondo.
Ripresa.
Sospetti sul mondo.
Terzo affondo.
Sospetto su se stessi.
Finale scioccante.
Epilogo.
Sono ingranaggi delicati da toccare ma ancor più delicato é sicuramente l’epilogo, capace di mandare “in vacca” tutto il racconto… ecco per me questo libro è come una macchina che perde pezzi ai primi scossoni delle curve narrative.
Un pezzo di qua, un pezzo di là e finisce col rimanere solo l’intelaiatura del racconto, il sedere è a terra dolorante e noi malediciamo una macchina inaffidabile.
Sono pochi i libri che mi fanno esclamare “ma che davvero?” di sconcerto.
Questo ci riesce a pieno titolo.