Dopo “La vita accanto“, la preside di Rovereto racconta la storia di Ildegarda e le ansie legate alla nascita del figlio Tommaso.
La Veladiano affronta alcuni temi già trattati e altri nuovi.
Nel primo caso mi riferisco ai difficili rapporti tra genitori e figli non amati, come tra Pierre, marito di Ildegarda, e sua madre – quest’ultima, alla notizia dell’attesa di un figlio, mutila le rappresentazioni del simbolo familiare, il leone, tra le decorazioni domestiche.
Nel secondo caso è possibile rintracciare un approccio più spirituale. Ildegarda, studiosa di teologia – come l’autrice – cercherà risposte a domande non facili: come giustificare il male per i nostri figli, che per definizione sono innocenti? E’ Dio a permettere che esistano tali sofferenze oppure non può far nulla?
La Veladiano, soprattutto nella prima parte, indugia girando intorno ai concetti, giocando con le parole – azzardo una metafora: come foglie mosse dal vento che lascino intravedere, a poco a poco, il tronco dell’albero nelle sue parti. Dopo un’introduzione che serve a creare il mood della voce narrante, la vicenda prende corpo, anche se la narrazione è principalmente introspettiva, data la tematica spirituale e coerentemente con l’epilogo.
L’autrice conferma la sua capacità di immergere il lettore nelle paludi della sofferenza silenziosa ma non per questo meno dolorosa.
[…] nota alla Libreria Immaginaria, ovvero l’autrice di “La vita accanto” e “Il tempo è un dio breve“. Ne ho approfittato per rivolgerle qualche […]