Ultimamente trovo difficile trovare non solo il tempo, ma la giusta attenzione per leggere un libro: cartaceo o digitale che sia e , anche quando ci riesco, mi accorgo che la mia mente è sempre in allerta, sempre pronta a cogliere il minimo segnale dall’esterno, a catturare il minimo stimolo dei centinaia dai quali veniamo subissati tutti i giorni.
Sms, whatsappate, notifiche di facebook, mail, l’ultima gossipata strillata nella tv sempre accesa, la copertina della rivista appena comprata e lasciata addormentata sul letto… ci vuole un niente e la mia attenzione alle pagine svanisce, le righe appena lette, cancellate dalla mia memoria a breve termine e cosi, dopo aver ricominciato per la terza volta, chiudo il libro (o spengo il kobo) e passo ad altro.
Scrivere la recensione di un libro piccolissimo richiede un quantitativo di attenzione che stento a recuperare e che esige il silenzio totale e quest’unica pagina di browser aperta, bianca come il nulla, piatta come le mie onde celebrali.
Ma torniamo ai libri, torniamo a Paul Auster che per scrivere i suoi romanzi avrà avuto bisogno della sua dote di concentrazione ma che, fatemelo dire, gli sono usciti particolarmente bene.
Se non conoscete Auster, lasciate perdere questo libro. Questo non è un romanzo, non è un saggio, non è niente se non un po’ di appunti sparsi come spunti per trame future. Tredici appunti, spesso troppo brevi per darci soddisfazioni, ma carpiti dalla realtà di Auster, dalla sua quotidianità. Tredici annedoti che hanno in comune tra di loro il caso, il destino.
Per scoprire Auster romanziere spostatevi altrove, leggete quello che ne pensa Speakermuto e immergetevi nella sua prosa liquida e originale ma soprattutto, cercate la giusta attenzione per leggere, staccate la spina da tutto tranne che dal vostro e-reader.