Questo è un libro tosto.
Anche grosso ( 714 pagine!)
E’ un libro difficile da mandar giù.
E’ un opera imponente dalle molteplici letture e che suscita emozioni contrastanti.
Il romanzo descrive – volendo fare una panoramica in maniera del tutto superficiale – la vita di un gruppo di funzionari della IRS (l’agenzia tributaria statunitense) impiegati in un ufficio del Midwest.
Ovviamente c’è anche molto altro.
Immergendoci più a fondo troviamo la Noia.
Densa, immutabile, opprimente, devastante Noia.
L’intero romanzo è un grandioso, inaudito monumento alla Noia.
Un gesto che nessuno aveva mai nemmeno concepito.
Ebbene, il genio di David Foster Wallace, riversato su personaggi così
piatti e privi di attrattive romantiche, riesce dove nessuno aveva mai anche solo pensato di provare.
David Foster Wallace ci rende consapevoli, da principio, che l’aver scelto di leggere il suo libro sarà una sfida che in certi momenti risulterà improba ma che, se sapremo liberarci dalla morsa della noia dispiegata a ogni sfolta di pagina, saremo in grado di fare cose inaudite come i personaggi del romanzo che, assorti nell’arida concentrazione necessaria per il loro lavoro:
1. levitano sulla sedia come fachiri
2. hanno il potere di assorbire milioni di informazioni (inutili)
3. lottano con l’incipiente tentazione di suicidarsi
4. dialogano coi fantasmi di chi li ha preceduti nel tedioso lavoro in Agenzia
5. vivono nevrosi esilaranti (come sudare senza controllo o parlare di nascosto con un burattino)
David Foster Wallace esalta il lettore – lo rende più intelligente – lo costringe ad uno sforzo notevole per farsi seguire lungo quello che può essere vissuto come una marcia forzata su sentieri montani. Ma il panorama visto dall’alto rappresenta quello che di più fulgido c’è nel mondo della letteratura contemporanea.
L’efficacia di sole 1162 parole impaginate su due colonne danno una percezione distinta della Noia.
Un estratto:
“Chris Acquistipace gira una pagina. David Cusk gira una pagina. Rosellen Brown gira una pagina. Matt Redgate gira una pagina. R. Jarvis Brown gira una pagina. Ann Williams tira leggermente su col naso e gira una pagina”.
David Foster Wallace (e scriverò sempre per esteso il suo nome perchè non è un semplice amico da chiamarsi Dave ma un maestro imperituro e monumentale) ha speso le sue ultime energie per partorire questa opera. Ha lasciato una montagna di manoscritti, appunti, digressioni su post-it e stralci di giornali a coprire il suo senso di inadeguatezza. Il suo editor, dopo la morte prematura dell’autore, ha ricomposto “Il Re pallido” per quello che ha potuto ma il sottotitolo di “un romanzo incompiuto” rimarrà per sempre stampato a chiare lettere sull’ultima opera di un grande scrittore: David Foster Wallace.