Il pranzo di Babette – Karen Blixen

“In Norvegia c'è un fiordo – un braccio di mare lungo e chiuso tra alte montagne – che si chiama Berlevaag Fjord. Ai piedi di quelle montagne il paese di Berlevaag sembra un paese in miniatura, composto da casine di grigio, di giallo, di rosa e di tanti altri colori.

Per chi ha paura di lasciarsi andare o di non sapersi fermare, l'ascetismo può essere una pranzobabettebenedizione.
Certo è che più si teme qualcosa, più l'oggetto delle nostre paure diviene ossessione e non si riesce quasi più a pensare ad altro.
Del resto, com'è ovvio, la lingua batte dove il dente duole.

E nel villaggio norvegese di Berlevaag soffrivano un po' tutti di mal di denti…

Il pastore protestante, uomo retto e corretto e di buon cuore, proteggeva gli abitanti di quel piccolo villaggio attraverso le sue parole, le sue preghiere e le regole ferree della sua "setta", basate su una vita morigerata e controllata. Quel posto sembrava racchiuso dalle fragili pareti di una boccia di vetro, una di quelle che quando le capovolgi puoi vedere frammenti di cielo ricoprire ogni cosa.

E la boccia si capovolse quando, alla morte del pastore, si presentò alla porta delle due figlie di quel sant'uomo una certa Babette Hersant, fuggita dalla Francia e approdata con una lettera di presentazione alle soglie di quel luogo benedetto per cercare l'ultimo pezzetto di crosta terrestre cui aggrapparsi per sopravvivere.

Le due sorelle accettano…e Babette offre il suo aiuto come ricompensa per vitto e alloggio.

I giorni scorrono lievi e morbidi…Babette si adatta a quell'ambiente ostile, in quanto a clima e modo di vivere…e: surprise surprise! Si scopre che si tratta di uno degli chef più famosi dell'intera Parigi, che farà assaporare il paradiso a quelle anime peregrinanti abituate a vivere in un purgatorio fatto di digiuni e privazioni. Attraverso il dono della sua arte (la cucina) riallinea gli equilibri…e tra le pagine del libro si assiste ad un miracolo. Quel color seppia che pervadeva ogni riga, senza pur mai appesantirla, svanisce piano piano e lascia sulle dita e sulle labbra il profumo e il sapore della bellezza…come di blinis e di pesche sciroppate… di brandyamontillado e caffè forte.

Perché non c'è niente che avvicini l'anima all'estasi e che illumini lo spirito come le gioie che passano attraverso la pelle.

Bel racconto. Scalda il cuore e fa venir voglia di smetterla di aver paura, di qualunque paura si tratti, e lasciarsi andare al sorriso…ché star bene non significa andare contro sé stessi… che il modo migliore per scongiurare le tentazioni è avvicinarsi ad esse… e se ve lo dice una che si chiama Eva dovreste pur crederle :)
…qualcuno vuole una mela?

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Recensione di
Evey

Sono Eva, 34 anni, laureata in Lettere e Filosofia e in Storia e Critica dell'Arte. Da 8 anni collaboro come consulente editoriale con tre grossi nomi dell'editoria.
Lettrice, pittrice, bassista, viaggiatrice on the road. Lavoro al mio primo romanzo e seguo corsi di criminologia.
Chiedetemi di Palahniuk e di Massimo Picozzi...

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2 commenti
  • *_* Inutile dirti che la parte che preferisco di questo romanzo è il finale!
    Senti ma… sbaglio o assommiglia un po' alla storia di Chocolat (anche se lei cucinava solo ciocco)?

  • Infatti mi ha sempre rimandato a "Chocolat" questo racconto… anche se io, in quanto a stile narrativo, ho sempre preferito "Babette". Ha fatto scuola.
    Ed è uno di quei libri che ti fanno venire una fame assurda :)

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