Il grande me- Anna Giurickovic Dato

Anna Giurikovic Dato è una giovanissima scrittrice catanse, nota per il suo romanzo d’esordio “La figlia femmina” che ha avuto bellissime recensioni, “Il grande me” è il suo secondo romanzo incentrato sulla figura di un padre, Simone, che arrivato prematuramente alla fine della sua vita  per colpa di un tumore al pancreas, raduna al suo capezzale i tre figli che decidono di trascorrere insieme a lui l’ ultimo periodo della malattia. La famiglia parte “sfilacciata” infatti dopo i primi anni sereni insieme ai figli ancora piccoli, il divorzio tra Simone e la moglie e successivamente il suo trasferimento a Milano lo hanno allontanato rendendo i rapporti con i tre ragazzi sempre più superficiali lasciando tanti conflitti e tanti irrisolti. Carla, la secondogenita è la voce narrante del romanzo, a lei si aggiungono il fratello più grande Mario e la sorellina più piccola, Laura. Tutti e tre decidono di stare insieme al padre e accudirlo nel momento in cui la malattia inizia a diventare invalidante, ma dei tre è Carla a coltivare con lui il rapporto più intimo e complesso. Alla trama non c’è altro da aggiungere infatti tutto il libro non è altro che il racconto di poche settimane cruciali del fine vita scadenzate da chemioterapia, visite dal medico ed un graduale declino della salute si Simone che arriva alla fine a non somigliare più a se stesso. Sicuramente il tema trattato è particolarmente delicato e raccontato a tratti in modo molto crudo e sicuramente rabbioso. Evidentemente c’è molto di autobiografico e catartico dell’autrice che esordisce dicendo:

Quella che vi affido è una storia intima e infrangibile, tanta è la forza che mi ha richiesto per essere scritta, tanta è la forza che, scrivendola, ho saputo conquistare.

Ho avuto l’ impressione che sia il tipo di libro che serve molto di più a chi lo scrive piuttosto che al lettore. Come ho già detto la trama è praticamente inesistente, ad un certo punto la rivelazione dell’esistenza di un quarto fratello frutto di una relazione del padre con un precedente compagna sembra voler aggiungere qualcosa alla vicenda, ma la cosa cade nel vuoto, dimenticata a lungo e ripescata solo nelle ultime pagine senza peraltro aggiungere alcun significato alla storia. Quello sicuramente più interessante invece è la figura di Carla, la sua costante ricerca di un equilibrio in una situazione difficile e il suo rapporto con il padre a tratti morboso e sbilanciato nella ricerca continua di approvazione e gestione dei sensi di colpa.  In generale non mi sento di consigliarlo perché molte cose non mi sono piaciute; lo stile troppo ricco di incisi come voci fuori campo un po’ stonate, la monotonia dell’argomento che seppure delicato diventa facilmente ridondante ed è facile superare la linea che divide il toccante dallo stucchevole e in ultimo non ho apprezzato la descrizione velatamente critica che emerge riguardo agli ospedali, ai medici cinici quasi privi di umanità ed in generale a come i malati terminali siano visti dall’esterno, l’ ho trovata una visione dell’autrice un po’ ingiusta e limitata forse ancora frutto di una rabbia non estinta.

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Recensione di
Margherita Gabba

Sono Margherita, ho 30 anni e faccio il medico di Pavia. Amo la narrativa, soprattutto quella che pone l’ attenzione sulla psicologia dei personaggi. Tra i miei autori preferiti troverete Nevo, Franzen, Grossman e Svevo. In sintesi mi definirei una lettrice egocentrica; mi piace ritrovarmi nelle parole di altri, i fortunati scrittori che hanno il dono di sapersi raccontare nero su bianco. Ogni libro è un incontro e serve il giusto tempismo per amarlo davvero, per far scattare la scintilla che trasforma una bella lettura in un ricordo prezioso.

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