Il grande cocomero – Francesca Archibugi

Ricordo perfettamente un dialogo tra mia mamma e una sua amica, che aveva una figlia mia coetanea – all’epoca avevo circa dieci anni – che recitava più o meno così:

“Ieri sera le ho fatto vedere Il Grande Cocomero, ho pensato che ormai poteva andare bene, però sono rimasta lì tutto il tempo nel caso avesse voluto farmi domande…” “…io non lo so, secondo me per lei è ancora presto”. L’ultima frase appartiene a mia mamma ed è quanto mai inusuale per lei: non ha mai censurato nessuna delle mie letture o film, sin dalle elementari i miei genitori mi lasciavano leggere qualsiasi cosa mi capitasse sottomano. Credo che questa titubanza venisse – più che da una reale preoccupazione per la mia tenera età – per la paura di un’emulazione da parte mia nei confronti della protagonista – ero già allora una bambina tendente al drammatico e al teatrale. Ci sto scherzando sopra, ma in effetti dopo aver visto il film e letto il libro non posso darle tutti i torti…

Per molti anni il Grande Cocomero è rimasto quindi per me qualcosa di oscuro e insondabile, anche un poco inquietante. Mi erano rimaste impresse alcune scene molto forti del film come del libro, non lo capivo fino in fondo, c’era sempre qualcosa che mi sfuggiva. Come spesso accade, è il rileggerlo da grande che chiarisce tutti i punti oscuri.

Il Grande Cocomero è la parafrasi della sceneggiatura del film omonimo, sempre curata dalla regista Francesca Archibugi. Ci viene raccontata la storia di Valentina detta Pippi, una tredicenne che soffre sin dalla primissima infanzia di improvvise e violentissime crisi epilettiche, che le impediscono di vivere una vita pienamente normale. Dopo l’ennesima brutta crisi, Pippi viene portata nel reparto di Psichiatria pediatrica, dove conosce Arturo, un giovane medico un po’ confuso e molto sfiduciato.

Arturo si rende subito conto che c’è qualcosa di strano: non solo Pippi non presenta nessun segno fisiologico tra quelli connessi all’epilessia, ma soprattutto le crisi sembrano presentarsi con una sequenza non casuale, sempre in concomitanza di forti momenti di stress, di tensione, di disperazione. Attraverso il ricovero in un reparto popolato di ragazzini unici e commoventi nelle loro piccole manie e nella triste e sbagliata consapevolezza – che già il mondo esterno gli ha trasmesso – di essere “diversi”, “anormali”, Arturo aiuterà Pippi a portare a galla il suo dolore, per poterlo così affrontare e smettere di esserne tormentata.

Il Grande Cocomero è un libro complesso e illuminante, che parla di disagio psichiatrico, ma anche di malattie psicosomatiche – ricordiamoci che all’inzio degli anni Novanta questo concetto non era ancora così diffuso come oggi – e di dolore bambino, sordo e totalizzante, che non trova altro modo per esprimersi se non attraverso il corpo. Non voglio rivelare l’origine delle crisi di Pippi, lascio la curiosità della scoperta attraverso il libro o il film, mi limito a dire che l’enorme fatica di crescere è alle volte molto sottovalutata dagli adulti, che sembrano dimenticarsi di quando loro stessi ci sono passati. Me ne sto quasi dimenticando anche io, che sono adulta solo da poco…eppure è estremamente importante ricordarlo.

Tanti bambini lasciati soli sono come piccoli naufraghi in un mare agitato, che cercano un appiglio dove possono, con le unghie e con i denti. Avere qualcuno che ti tende la mano, che ti capisce fino in fondo per la prima volta, che è pronto ad aspettare con te l’arrivo del Grande Cocomero proprio come facevano Linus e Charlie Brown – con assoluta fiducia, nonostante nessuno dei due l’avesse mai visto – può davvero essere il salvagente che ti aiuta a raggiungere di nuovo la riva. Perchè la vita può davvero essere qualcosa di meraviglioso – ma è fondamentale impararlo già da piccoli.

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Recensione di
MaddalenaErre
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3 commenti
    • condivido in pieno e da mamma mi domando, per l’ennesima volta, se con i miei pulcini sto percorrendo il sentiero giusto…

    • grazie : )

      Pistacchina, dicono che per ogni bambino la mamma migliore sia…esattamente quella che hanno : ) io credo che in realtà sia un po’ più complesso di così, ma solo il fatto che tu ti ponga questa domanda fa capire che stai cercando di essere davvero una buona madre!

Recensione di MaddalenaErre