Il deserto dei tartari – Dino Buzzati

«Il fatto è questo: io mi trovo vittima di un crudele equivoco. Sono un pittore il quale, per hobby, durante un periodo alquanto prolungato, ha fatto anche lo scrittore e il giornalista. Il mondo invece crede che sia viceversa e le mie pitture quindi non le “può” prendere sul serio. La pittura per me non è un hobby, ma il mestiere; hobby per me è scrivere. Ma dipingere e scrivere per me sono in fondo la stessa cosa. Che dipinga o che scriva, io perseguo il medesimo scopo, che è quello di raccontare delle storie». (Dino Buzzati)

Diceva il Buzzati d’aver immaginato Il deserto dei tartari a causa delle lunghe e grigie giornate passate con i suoi colleghi nella “fortezza” della redazione giornalistica del Corriere della Sera, lì dove il tempo si dilatava all’infinito, e dove ognuno era relegato ai gesti sempre uguali oltre il confine della propria scrivania, in attesa di un miracolo, di un’accadimento, che non sarebbe mai arrivato. dino buzzati - il deserto dei tartari
La storia narra di un giovane uomo, Giovanni Drogo, assegnato alla fortezza Bastiani nel pieno della sua giovinezza, all’età di circa ventun anni, il quale appare, inizialmente, impaurito dal fatto di rimanere in un luogo di confine ove si consumano lentamente le vite degli ufficiali, senza la possibilità luminosa di una carriera, della morte in battaglia. Così si narrano le vicende degli stessi ufficiali, alcuni pronti all’amicizia, altri invidiosi per natura, ma tutti accomunati dal segreto desiderio di abbandonare la fortezza, quella stanca, stantia prigione dove il tempo si dilata a dismisura. Il romanzo parla sulle note di una melodia malinconica, tristemente intrecciata a sospiri d’ottimismo, di rassegnazione e di fatalità. Il sogno della morte dell’ufficiale Augustina è un inserto dei più grigi e tristi, eppure dei più intensi. Durante la lettura, non ho provato un senso di foga come quando la storia ti lascia incollata sulle pagine, eppure non si riesce a riporre il libro senza andare avanti, ancora e ancora, perché quel modo di scrivere ti avvolge, ti scava dentro e ti cattura l’anima: il senso di ineluttabilità che emanano i personaggi, la vicenda, la descrizione del paesaggio, par quasi un pugnale inferto alle nostre speranze più profonde.

Il romanzo,  in questa linea d’ombra che separa la realtà da una metafora, non è scritto, ma dipinto con tinte chiaroscurali e fredde, magiche, ambientato in un contesto onirico, di sogno, in un mondo, una dimensione parallela, presumibilmente ottocentesco: lo notiamo dal passaggio delle carrozze e dall’uso dei cavalli, unici dati che ci consentono di collocare la vicenda in uno spazio temporale, per il resto affatto accennato.

Si parla di regni, di regno del Nord, di deserti, dei leggendari Tartari. Tutto pare convogliare in visioni immaginifiche, così come nei sogni si mescolano immagini reali e vivide a dati confusi, inverosimili, fantastici.
Ma ciò che mozza il fiato più di ogni altra cosa, sono le descrizioni del paesaggio intorno alla fortezza Bastiani: le notti, la luna, le rupi e la brulla landa desolata fatta di sterpi e rocce, le ridotte della fortezza dalle quali le sentinelle scrutano di lontano la possibile minaccia dei Tartari, dal Nord, tutto è come sublimato da una visione pittorica della scrittura, e chi conosce il Buzzati pittore, come ad esempio delle tavole de Il segreto del Bosco Vecchio, potrà certamente vedere con gli occhi della mente il paesaggio montuoso e surreale che lo scrittore delinea nitido, lirico, in queste pagine.

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Recensione di
Vivien

If you wish to travel far and fast, travel light. Take off all of your envies, jealousies, unforgiveness, selfishness and fears.

(From Victoria Hostel kitchen wall, London, 6th April 2014)

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5 commenti
  • qualche anno fa alla rotonda della besana di milano hanno organizzato proprio una mostra sull'attività pittorica di buzzati. bellissima, soprattutto gli ex voto finti e poi le tavole di poema a fumetti affiancate dalle fotografie a cui si era ispirato nei disegni. rimane il fatto che come pittore non era tanto originale, come scrittore invece sì. io adoro soprattutto i racconti. (il deserto dei taratri non è male nemmeno nella versione cinematografica)

  • Non me ne intendo molto di pittura, ma le tavole che accompagnano "Il Segreto del Bosco vecchio" mi hanno sempre lasciata con un ché di meraviglia nello sguardo. Ho comunque in libreria "La Boutique del mistero" , ovvero il libro di racconti, che leggerò quanto prima :)

  • "[…]non si riesce a riporre il libro senza andare avanti, ancora e ancora, perché quel modo di scrivere ti avvolge, ti scava dentro e ti cattura l'anima: il senso di ineluttabilità che emanano i personaggi, la vicenda, la descrizione del paesaggio, par quasi un pugnale inferto alle nostre speranze più profonde".

    Quoto questa frase dalla tua bella recensione perché mi sembra renda alla perfezione, in poche parole precise, la sensazione quasi di sconforto che sale dalle pagine mano a mano che si avanza in una lettura faticosa eppure ineluttabile. Questo è un libro che si posa quasi con sollievo, tanto lascia esausti. Ma è un capolavoro.
    Bello anche il racconto "Il Colombre", nella raccolta omonima, che tratta la stessa tematica in maniera forse un pochino meno tragica.

  • Uno dei miei libri preferiti in assoluto. Letto in terza liceo su consiglio del professore di Lettere e mai più dimenticato – ancora oggi, di tanto in tanto, lo riprendo in mano e ne leggo passaggi a caso: mi sembra sempre di scoprire significati nuovi e illuminanti che prima mi erano sfuggiti. Un libro unico :)

Recensione di Vivien