Lo so, il titolo fa un po’ ridere; l’argomento è serio però, anche se trattato con un po’ di ironia (necessaria, a parer mio, altrimenti si cadrebbe in un incubo): la religione, per dirla in modo generico. In realtà di parla di religioni, ancor meglio di quell’insieme di norme e credenze diffuse in tutto il mondo con nomi diversi, che hanno però tratti simili l’una all’altra. Ecco, io ora non so come la pensa chi mi sta leggendo: perciò, se l’argomento vi risulta un po’ troppo delicato, oppure se lo tenete particolarmente a cuore, per favore smettete di leggere ora (oppure leggete ma “prendendolo con le pinze”); Daniele Bolelli ha grande tatto ed è un bravo scrittore, ma non lo si può certo definire un credente nel senso più comune del termine.
La sua teoria, in cui io personalmente mi rispecchio in pieno, è che non ha senso prendere per assoluto delle affermazioni fatte e scritte in gran parte da altre persone, in determinati periodi storici lontanissimi da noi, e spesso senza una base pratica o verificabile. Cerco di spiegarmi meglio: la maggior parte dei testi sacri sono stati tramandati a voce prima che scritti, da persone che affermavano di aver sentito qualcuno raccontare di aver ricevuto determinate norme (spesso sotto forma di metafora, parabola o similitudine) da un profeta, un santo, una persona benedetta o da Dio stesso. Beh; detta così suona strana, eh? ma Bolelli non è un predicatore: è semplicemente una persona a cui piace farsi domande, e di conseguenza trovare risposte.
In questo libro (non mi va di definirlo saggio, ma credo che in effetti lo sia) analizza punto per punto le diverse affermazioni religiose, gli atteggiamenti e le credenze delle fedi di tutto il mondo: dallo shintoismo al buddhismo, dall’islam al cristianesimo, passando per i Maya e gli Indiani d’America.
Non posso dirvi se questo libro vi piacerà o meno: io sono contenta di averlo letto perché mi sento arricchita dallo studio neutrale dell’autore, dal suo incoraggiamento a pensare con la propria testa anche (e soprattutto) quando si parla di fede, dalla sua ironia e dalla sua leggerezza (indispensabili, come dicevo all’inizio, per non cadere nel baratro delle polemiche). Adesso ne so di più sulle diverse religioni, e so che la maggior parte hanno più punti in comune di quel che pensano; so anche di più su me stessa e su quello in cui credo o meno, ma questa è un’altra storia.
Enjoy!
Sullo stesso tema ho letto “Il libro che la tua chiesa non ti farebbe mai leggere”, che non parla solo di cristianesimo.
neanche questo parla solo di cristianesimo; com’è l’altro, che hai letto tu? che ne pensi?
Molto interessante, non ne condivido tutte le idee e d’altronde è scritto con il contributo di più autori, ma fa riflettere – oltre che tirar fuori un po’ di magagne di varie religioni.
Premesso che io la penso come l’autore del libro, hai mai sentito parlare di Tertulliano? “Credo quia absurdum”, diceva, “credo proprio perché è assurdo”. E dal punto di vista di un fedele aveva del tutto ragione: se la cosa non fosse assurda, se fosse razionale, non ci sarebbe alcun bisogno di crederci perché sarebbe lampante e sotto gli occhi di tutti. Non ho bisogno di credere che esista il sole, dato che lo vedo in cielo tutti i giorni. Se parliamo invece dell’unicorno ho bisogno di crederci, perché non ne ho mai visto uno. Ergo: è del tutto inutile cercare di smontare gli argomenti di un credente con strumenti razionali, perché c’è a monte una “sospensione dell’incredulità”, se vogliamo dirla usando una categoria letteraria. In altre parole, è vero che la Bibbia è un’accozzaglia di testi scritti in epoche diverse, mal tradotti e di scelta arbitraria, ma è lo Spirito Santo che ne ha guidato la redazione, e quindi dice comunque la Verità; stesso discorso per il lascito del Profeta, trascritto a posteriori perché Maometto non scriveva. Insomma, non è una partita persa: è proprio una partita che non si può giocare. Come voler far gareggiare sulla stessa pista uno sciatore e un pilota di kart.
Obiezioni perfettamente sensate le tue, Capelli d’Argento!
ma lasciami precisare che questo libro non tenta di convincere nessuno sulla ragione o sul torto; naturalmente l’autore ha la sua opinione, e la spiega…ed è anche questo che ha fatto sì che il libro mi piacesse: per una volta, qualcuno che non si è assunto il dovere di convincere il mondo di aver ragione. aaaah…!