Figli dello stesso padre – Romana Petri

Un uomo, una donna, il loro figlio; arrivano un’altra donna e un altro figlio; finisce la famiglia precedente e anche la seconda è di breve durata.

“Figli dello stesso padre” e non “fratelli Acciari” e nemmeno “fratellastri” – ci tiene a sottolinearlo Germano, il maggiore, che odia Emilio in quanto accusa lui e la madre Costanza della crisi tra Giovanni, il padre, e sua madre Edda. I due ragazzi sono l’opposto dell’altro: il primo è grosso, estroverso, impetuoso, artistico, passionale, donnaiolo; il secondo, minuto, è un insegnante di matematica, sposato con la pragmatica Jenny, padre di due bambini affettuosi, appassionato di formiche: nel mondo di quest’ultime, infatti, ha sempre trovato l’ordine mancante nella sua vita da ragazzino. Nonostante una vita adulta praticamente perfetta, Emilio ha sempre cercato l’affetto del padre e del fratello maggiore, invano; per lui, l’invito a una mostra di pittura di Germano, diventa l’ultima occasione per trovare quel legame che ha sempre cercato e che gli altri due uomini gli hanno negato.

Romana Petri parte da un’idea abbastanza semplice e la dipana il più possibile, raccontando aneddoti, descrivendo il pessimo carattere di Giovanni e il suo rapporto con le donne (Edda, Costanza e le altre), l’acredine di Germano per Emilio, i rancori con gli altri componenti della famiglia Acciari e non solo; insomma, nessuna famiglia è perfetta.

Non ci sono particolari colpi di scena, e qualche dettaglio poteva essere risparmiato, forse aggiunto per un’ossessione nell’arricchire e rendere verosimile la “storia della porta accanto”. Facendo un confronto con “Nessuno sa di noi”, qui il perno attorno cui ruota tutto è, come già detto, un’idea semplice, ma raccontata con uno stile più convincente e meno forzato.

Con questo romanzo abbiamo analizzato la cinquina finalista del Premio Strega. Di seguito presento la mia personale classifica:

  1. Mandami tanta vita
  2. Le colpe dei padri
  3. Figli dello stesso padre
  4. Nessuno sa di noi
  5. Resistere non serve a niente

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Recensione di
Antonio Soncina

Odio i best seller, soprattutto se di sfumature rosa, gialle o grigie. Ai classici preferisco storie contemporanee. Posso sopravvivere senza il rinomato "odore della carta" ma non con il Kindle scarico.

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