Dalla libreria al cinema #12 – Camera con vista

Una persona di età più avanzata, a quell’ora e in quel posto, avrebbe magari pensato che quel che le stava succedendo era sufficiente, e si sarebbe sentita contenta. Non Lucy. Lucy desiderava di più” 

La Firenze dei primi del ‘900 fa da sfondo alle vicende di Lucy Honeychurch, in viaggio attraverso l’Italia in compagnia dell’anziana e bigotta cugina Charlotte, e di un’altra decina di turisti inglesi tra cui l’anticonformista Mr. Emerson e suo figlio, il meditabondo George.  Lucy è inquieta, qualcosa di indefinito la turba. Non riesce ad ammettere nemmeno con sé stessa che la sua anima stride, imbrigliata nella gabbia del conformismo e dell’ottusità borghese. E’ spaventata ma al tempo stesso affascinata dalla rude schiettezza di Mr. Emerson, che conduce un’esistenza libera dai vincoli delle convenzioni sociali e religiose.  Secondo i dettami della società cui appartiene, Lucy dovrebbe ritenersi offesa dalla sua liberalità di modi e dall’audacia di George, che la bacia con improvviso slancio durante una gita. E invece questo approccio alla vita così diretto fa scattare in lei, seppure a livello inconscio, una molla, mette in moto un turbamento interiore a causa del quale Lucy non sarà più la stessa.  Tornata in Inghilterra, al riparo nel suo quieto ambito familiare, si fidanza con lo snob e supponente Cecil Vyse, nella speranza di mettere a tacere, una volta per tutte, quell’anelito di libertà che freme dentro di lei.  Ma il destino ha altro in serbo per Lucy e la pone nuovamente sul cammino degli Emerson, costringendola a far chiarezza nel guazzabuglio di sentimenti che prova.

Edward M. Forster, uno degli antesignani dei romanzieri moderni, pone con lieve severità l’accento su temi che stanno a cuore a molti lettori, del suo tempo e non: il viaggio come scoperta di sé attraverso un percorso al termine del quale si torna alle proprie origini con occhi e sentimenti diversi, l’ambizione ad una vita più autentica nella quale poter vivere un rapporto di coppia paritario.

Nel 1985 James Ivory diresse la versione cinematografica del romanzo. Devo ammettere che, nonostante la pellicola sia stata pluripremiata e possa vantare ben tre Oscar, a me non è piaciuta affatto.  Mi ha dato l’idea di un film frammentario, poco coinvolgente, con una sceneggiatura piatta, seppur piuttosto fedele all’opera di Forster, dal ritmo lento, come era in voga nei cosiddetti film d’autore degli anni ’80.  Non è bastato un cast ragguardevole a risollevare le sorti di uno spettacolo che non esito a definire soporifero. Degni di nota comunque Maggie Smith (che ai più è nota come la professoressa Mc Granitt nella saga di Harry Potter) che, con una strepitosa mimica facciale, dà vita alla bigotta Charlotte e Daniel Day Lewis che rende il personaggio dell’egocentrico e saccente Cecil al limite della macchietta (particolare reso ancora più evidente dal doppiaggio italiano, essendo il suo l’unico nome tradotto in un pomposo e altisonante Cecilio).

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pistacchina
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