Confesso che inizialmente anche io – che leggo abitualmente graphic novel e fumetti in generale – ho storto la bocca alle linee graffianti del disegno.
Poi mi sono calato nella storia e tutto si è illuminato di una luce diversa.
La tematica affrontata è una delle più delicate del nostro tempo, una questione di difficile gestione e con delle implicazioni talmente profonde da scuotere le fondamenta etiche della società civile: l’aborto.
Alessia di Giovanni e Darkam scelgono di rappresentare le due facce della stessa medaglia, senza indulgere in una visione poetica o idealista.
Attraverso le storie di 4 donne e delle loro gravidanze indesiderate, entriamo in uno spaccato di vita reale fatto principalmente di solitudine e sensi di colpa.
Alessia di Giovanni tratteggia le vite di donne diverse tra loro ma che si avviano su un sentiero comune, quello di scegliere l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG):
Elisa – una liceale dai liberi costumi sessuali
Giulia – un’infermiera sposata e madre di altri due bambini
Monica – una donna bisognosa di affetto e pronta a tutto per conquistarlo
Loveth – nigeriana costretta a prostituirsi
Donne comuni, donne uniche, che condividono uno stato e che trovano un epilogo molto diverso tra loro.
Il segno di Darkam contribuisce notevolmente a trasmettere un senso di disagio che è sempre serpeggiante tra le righe della storia.
La rappresentazione della perdita, della morte, della crudeltà, è allo stesso tempo disgustosa e tenera.
Provo a spiegarmi meglio: ho avvertito come un senso di protezione nel voler rappresentare determinate situazioni con una cura che sfiora il parossismo – la scelta di ben precise immagini forti, potentemente evocative che nulla tolgono alla drammaticità e tanto affondano nella sensibilità del lettore.
Colpisce duro, senza fronzoli.
Ma non è solo il dramma delle donne a colpire; c’è lo spaccato della società Italiana e delle sue incongruenze fatte di leggi atte a proteggere il percorso della donna che sceglie IVG e del 70% di medici obbiettori che si rifiutano di somministrarla, della scarsa educazione alla sessualità nelle scuole, della piaga dello sfruttamento umano.
Questo è un fumetto che pesca nel torbido e non teme di mostrare ciò che la società malata produce.
Le narrazioni confluiscono lentamente ed inesorabilmente verso un epilogo scontato, lasciando il lettore sempre più stupito di trovarsi di fronte 4 storie che contengono “in nuce” le mille altre esperienze che negli anni sono passate ai TG, sfiorandoci appena.
I pochi cliché che ho trovato sono così calzanti da sembrare inevitabili (e ancora più veri).
Questo è un fumetto che mi sento di consigliare in primis agli uomini, per regalarvi uno spunto di riflessione fondamentale; perché se è vero che le donne vivono sul loro corpo una gravidanza è altrettanto vero che noi uomini possiamo almeno tentare di alleviare il senso di colpa legato alla scelta dell’IVG, possiamo farci carico del peso emotivo della persona che ci è vicina e, infine, possiamo evitare frasi come quella riportata qua sotto.