Sono abituato a leggere un altro Paco Roca – in vesti diverse se vogliamo – e leggere queste strisce periodiche, spogliate da quella poesia riscontrata in Rughe o in L’Inverno del disegnatore risulta un poco straniante.
Ma poi parliamo di Paco, il nostro Paco, un uomo che ci mostra le debolezze dell’uomo comune come le può vivere un disegnatore la cui massima aspirazione è non uscire dal suo bozzolo protettivo.
Il pigiama come armatura e dolce nido.
Quanti di noi si beano di una giornata passata a casa, in pigiama (come fosse una corda di sicurezza che – male che vada – ci riporta nel calduccio sotto le coperte).
Paco Roca si diverte a forzare il concetto, pigiama/massima aspirazione, per mostrarci quanto la vita (non solo quella dell’artista) fuori dalle mura domestiche ci risulti dura e svilente.
La continua fuga, gli escamotage per rinviare l’uscita di casa anche solo per mangiare, la ricerca di una coperta di linus (pigiama con l’iniziale ricamata ad esempio) per affrontare le sfide inevitabili: sono humus narrativo e fonte di sorrisi continui.
Paco Roca ha una capacità di palesare le insicurezze di tutti noi e, da grande artista qual è, esorcizzarle con un sorriso per renderle pregi.
Il suo è un elogio all’ozio creativo, alla tranquillità operosa ma anche al dolce far niente.