Busti d’autore #7 – Paul Auster

Paul Auster scrive da molti anni ma il sottoscritto lo conosce solo per i lavori più recenti e in particolare per:

  1. Follie di Brooklyn
  2. Invisibile
  3. Sunset park

Tra questi, è possibile rintracciare alcuni denominatori comuni:

Sesso non convenzionale
Auster descrive relazioni incestuose (è il caso di “Invisibile”) oppure personaggi omosessuali/bisessuali. In “Sunset…” una coppia, per timore di gravidanze indesiderate, ha rapporti esclusivamente anali/orali.

Sindrome di Peter Pan
Invece di diventare colletti bianchi o imprenditori, i personaggi di Auster vorrebbero evitare gli obblighi dell’età adulta e l’insoddisfazione quotidiana, preferendo assecondare le loro inclinazioni artistiche (tratti comuni tra i protagonisti del corale “Sunset…”) o ripiegando su un’attività che comunque riguardi la letteratura (vedi l’Adam Walker di “Invisibile”, studente di lettere, curatore di una rivista letteraria, poi custode di biblioteca; o anche Tom, il nipote di Nathan protagonista di “Follie…”).

Letteratura come professione o salvezza
In “Follie…” troviamo un certo Tom al lavoro in una libreria; “Invisibile” contiene una rivista letteraria e una biblioteca; in “Sunset park” abbiamo il responsabile di una casa editrice piccola e inizialmente coraggiosa ma costretta a tenere d’occhio le vendite, per non parlare delle letture condivise tra Miles e Pilar.

Scomparsa
Che fine ha fatto l’Aurora di “Follie…”? Perché Miles in “Sunset…” conduce una professione così poco gratificante ed evita la sua famiglia? Dov’è finito il Rudolf Born di “Invisibile”?

Sottotrame
Auster si diverte a scrivere le sotto-trame connesse a ciascun personaggio, senza sentire però la necessità di intrecciarle per dar luogo a un’unica e complessa vicenda – così è per gli abitanti della casa in “Sunset…”; invece per “Follie…” il finale sembra una storia a sé stante e l’effetto non è neanche malvagio, ma “Invisibile” dà l’impressione di essere costituito da quattro racconti differenti (narrati ogni volta da un punto di vista diverso) e messi insieme più o meno forzatamente per dar vita a un testo più grande e commercialmente appetibile (come Palahniuk fece per “Cavie”); si stenta a riconoscere i tratti dello stesso personaggio da una sezione all’altra e alla fine ci si ritrova in una storpiatura di “Cuore di tenebra”.

Rimango insomma perplesso di fronte a questo autore che da un lato apprezzo per i temi contemporanei (vedi la suddetta sindrome del Peter Pan), dall’altro mi spinge spesso a chiedermi dove voglia andare a parare. Auster può spiazzare all’inizio, ma a un certo punto bisogna decidere se ci piace o no; la mia risposta continua a essere ni, ritrovandomi indeciso e accidioso come un eroe perdente ideato dallo scrittore.

PaulAuster

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Recensione di
Antonio Soncina

Odio i best seller, soprattutto se di sfumature rosa, gialle o grigie. Ai classici preferisco storie contemporanee. Posso sopravvivere senza il rinomato "odore della carta" ma non con il Kindle scarico.

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