“L’Aquila bella mia” canta la donna una volta sana di mente, in una città divisa in due dal terremoto: i palazzi agibili e la zona proibita, i sopravvissuti e i defunti, la single e il figlio adolescente della sorella scomparsa.
Donatella Di Pietrantonio usa la voce della protagonista per raccontare un’esistenza fragile, alternativa a quella della gemella più forte persa durante il sisma. L’assenza improvvisa del riferimento di una vita, il ritrovarsi alle prese con un ragazzo chiuso, un ex cognato assente e il mestiere di scultrice, metafora della necessità di ricostruire una città, un’esistenza, un rapporto con il nipote.
Prosa delicata ed efficace nell’esprimere il senso di smarrimento della scultrice in mezzo a C.A.S.E., uomini assenti e ricordi di un passato perduto.