Questo romanzo fa parte di una trilogia di cui si può leggere la recensione qui: gli altri due racconti non li ho mai letti, lo ammetto, per paura di restare delusa dopo questo gioiello che è L’amico ritrovato. Ma è, evidentemente, un mio limite.
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L’amico ritrovato (Reunion. Der wiedergefundene Freund) è un breve romanzo, una novella l’ha definito Arthur Koestler, dello scrittore tedesco Fred Uhlman (Stoccarda, 1901 – Londra, 1985). Il libro uscì nel 1971 e dopo un esordio non entusiasmante ha poi riscosso un grandissimo (e meritatissimo) successo internazionale.
È il febbraio del 1932 quando alla classe del sedicenne ebreo Hans Schwarz si unisce un nuovo allievo, il conte Konradin von Hohenfels: elegante, posato, cortese, il giovane conte affascina tutti i compagni di classe, compreso Hans. Tutti cercano di guadagnarsi la simpatia del nuovo arrivato, ma solo tra Hans e Konradin nasce una vera amicizia, profonda ed esclusiva, nutrita di letture comuni, collezioni di monete antiche, discussioni intorno ai temi più disparati. Sullo sfondo, il Württemberg che rifiorisce a primavera, diffondendo profumi inebrianti tra paesaggi incantevoli.
Purtroppo però la Grande Storia piomba nella vita quotidiana dei due ragazzi sconvolgendola completamente e irreparabilmente: l’antisemitismo dilaga anche nella tranquilla Stoccarda e le simpatie naziste della madre di Konradin e poi dello stesso giovane conte mandano in pezzi l’amicizia tra Hans e Konradin. Nel gennaio del 1933 l’ebreo, per volere dei genitori, lascia la Germania.
Circa trent’anni dopo, Hans, che ormai si è rifatto una vita in America, viene raggiunto da una lettera del suo vecchio liceo tedesco. L’uomo, che negli anni non è riuscito a riconciliarsi con la patria amatissima e traditrice, vorrebbe strapparla; ma la tentazione di leggere è troppo forte. In questo modo egli scopre, dell’amico dell’adolescenza, qualcosa che non avrebbe mai immaginato.
L’amico ritrovato è un piccolo gioiello (un “capolavoro in miniatura”, ancora secondo Arthur Koestler). In poche pagine scritte in uno stile semplice e piano (ma intensissimo) sono racchiusi un intero mondo ed un’intera epoca.
Più volte l’autore indugia sulla natura dolce e profumata del Württemberg e in quelle descrizioni non ci sono semplicemente i luoghi, ma anche, e soprattutto, i sentimenti: amore e nostalgia, per una terra e per un tempo ormai perduti.
I personaggi, anche quelli cosiddetti “minori”, sono tratteggiati in maniera molto efficace e realistica. Spiccano naturalmente su tutti i due protagonisti. Hans è un adolescente timido, goffo, romantico, che ama la Germania e dubita dell’esistenza di Dio, che vive sempre con intensità e passione; Konradin è un giovane non meno insicuro a cui però l’educazione aristocratica e protestante ha insegnato contegno, misura e anche un certo conformismo. Sembra infine che la perversa ideologia nazista abbia prevalso e che Konradin si sia convertito: la sua lettera di saluto ad Hans in partenza per l’America trasuda un’esaltazione ingenua e terrificante. Eppure c’è un seme, in quel giovane conte, che l’amicizia con Hans deve aver fatto germogliare.
Questo libriccino è capace di parlare di giovinezza e di amicizia, di patria e di religione, di vita e di morte, realizzando un equilibrio perfetto, in cui nulla stride. E con straordinaria semplicità dimostra che la bufera della Storia può travolgerci tutti, in qualunque momento, e imporci scelte difficili, dolorose, perfino estreme.
I sentimenti di Hans sono anche quelli dell’autore. Appartiene anzitutto ad Uhlman quel groviglio irrisolto di odio e amore verso la Germania, quella ferita incancellabile per la fine dell’età dell’oro, per la morte della giovinezza, della fiducia, della speranza. Tuttavia l’ “amico ritrovato” apre un nuovo spiraglio di luce.
Veramente bello questo piccolo romanzo, grazie per la recensione che ne hai fatto :-)
Grazie a te! :D
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